È alta tensione in maggioranza, con le polemiche sulla manovra che segnano una frattura sempre più evidente tra Lega e Forza Italia. Sul palco di Pontida va in scena una staffetta tra il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti e il vicepremier Matteo Salvini. Il primo interviene per chiarire che i "sacrifici", al centro della disputa negli ultimi giorni, il governo potrebbe chiederli "a chi ha più possibilità". E non a "negozianti o operai". In seconda battuta, arriva la bordata del leader leghista.
"Se qualcuno deve pagare qualcosa in più, paghino i banchieri e non gli operai", taglia corto Salvini. Dichiarazione che tiene alto lo scontro con il vicepremier Antonio Tajani. "Le tasse dobbiamo abbassarle", ribadisce il leader di FI, sottolineando la contrarietà a qualsiasi tipo di nuova tassazione. E rilanciando invece sulle privatizzazioni e sulla tassa ai giganti del web. Così, da una sponda all'altra della maggioranza, emergono i nodi al vaglio del Mef in vista della prossima legge di bilancio. Il tema più caldo, come conferma il chiarimento del titolare di via XX settembre, resta quello dell'eventuale contributo da chiedere a banche, assicurazioni e imprese. Giorgetti parla per quattro minuti a Pontida, e solo per puntellare le sue parole a Bloomberg. Che in ambienti a lui vicini si ritiene siano state travisate, con alcuni tagli sul ragionamento relativo ai sacrifici.
"Arrivo qua come quello che vuole aumentare le tasse, ma voglio spiegare, anche ai colleghi di governo che non mi hanno chiamato, quanto detto alla comunità finanziaria", esordisce. Quindi torna a citare l'articolo 53 della Costituzione e chiarisce: "i sacrifici li devono fare tutti in base a chi ha più capacità contributiva". Poi precisa: negozianti e operai "sono quelli che fanno i sacrifici". "È giusto che li faccia anche qualcun altro, questo è il segnale che dobbiamo mandare", incalza. Il ministro ammette che il suo mestiere "non è facile" e racconta che il governo è al lavoro per cercare "di tradurre in fatti un principio di buon senso".
Lavori in corso, dunque, ma idee chiare. Da "figlio di un pescatore e di un'operaia tessile", puntualizza Giorgetti, "so distinguere chi fa sacrifici e chi li può fare". Sul tavolo del Mef, dove si cercano risorse per rendere strutturali il taglio del cuneo fiscale e l'accorpamento delle aliquote Irpef, in primis, restano aperte diverse ipotesi che coinvolgerebbero 'chi ha più possibilità'. In fase di valutazione c'è la possibilità di uniformare il pagamento dell'Ires, togliendo le deroghe che alzano o riducono le aliquote e alzando l'asticella verso l'alto. Una strada plausibile per superare il 'niet' delle banche all'ipotesi di un'addizionale e per coinvolgere anche i settori energetici e finanziari.
Per quanto riguarda gli istituti bancari, resta aperta l'ipotesi di un dilazionamento delle imposte differite attive (Dta). Di 'extraprofitti', Giorgetti non vuole sentir parlare, né si ipotizzano per ora contributi volontari. Forza Italia, che si è da sempre schierata contro la tassazione delle banche, rilancia invece sulla tassa ai giganti del web. Anche se la partita resta legata a doppio filo alle politiche comunitarie. Lo stesso Tajani accende i fari anche sulle privatizzazioni.
Da quelle di Eni, Mps e parte di Poste, quest'anno sono già entrati 3 miliardi in cassa. E una seconda tranche di Poste dovrebbe andare su mercato a metà ottobre. Nel mirino, resterebbe Ferrovie dello Stato con l'ipotesi di scorporare l'alta velocità e chiudere la partita entro l'anno. Un'intesa vicina, nel confronto con le parti, sembra esserci già sulla revisione delle cosiddette tax expenditures, con interventi previsti su alcune delle circa 625 tra agevolazioni ed esenzioni fiscali. Altro fronte, da cui ricavare risorse, resta quello dei tagli alla spesa. Mentre è in discussione l'equilibrio delle accise dei carburanti. Per il ministro Luca Ciriani, di Fratelli d'Italia, "non sarà una manovra lacrime e sangue". Anche se, parlare di 'sacrifici', è "giusto e responsabile". Le opposizioni, intanto, si preparano a dare battaglia sui "tagli ai Comuni", fa sapere Avs. Un possibile nucleo di una contromanovra tutta da scrivere.
Orban: 'Porteremo i migranti irregolari a Bruxelles'
Se continuerà l'immigrazione irregolare in Europa, "noi da Budapest i migranti li porteremo a Bruxelles e li deponiamo davanti agli uffici di Bruxelles. Se vogliono quei migranti che se li tengano!", ha detto il primo ministro ungherese Viktor Orban dal palco di Pontida e accolto da numerosi applausi dei leghisti e cori 'Orban Orban Orban'. Orban ha aggiunto: "Non credete che sia impossibile, noi siamo l'esempio vivente", ricordando che "in Ungheria il numero dei migranti è zero, noi non diamo in mano altrui il nostro paese. Non facciamo entrare gli illegali, noi difendiamo i confini. Chi vuole entrare deve aspettare il permesso e deve farlo fuori dai nostri confini", e sulle politiche sociali che "da noi il padre è uomo e la madre è donna e questo resta così anche se la sinistra internazionale si mette contro. Oggi l'Ungheria è il paese più sicuro d'Europa".
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