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Ucraina, 'Odessa porto franco', ma la città si ribella

Ucraina, 'Odessa porto franco', ma la città si ribella

IL REPORTAGE di Michele Esposito. Sirene e città in allerta,'ma i russi stanno finendo la benzina'

ODESSA, 29 marzo 2022, 21:00

dell'inviato Michele Esposito

ANSACheck

Il vice direttore regionale della salute e medicina Anonsov Andrey, - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il vice direttore regionale della salute e medicina Anonsov Andrey, - RIPRODUZIONE RISERVATA
Il vice direttore regionale della salute e medicina Anonsov Andrey, - RIPRODUZIONE RISERVATA

 "Non se ne farà nulla, è solo una provocazione". Odessa guarda con un certo distacco ai negoziati in Turchia tra Ucraina e Russia. E, soprattutto, guarda con disprezzo alla sola ipotesi di uno status straordinario per la Regina del Mar Nero. Che la Russia ritenga la città uno dei suoi obiettivi prioritari, a queste latitudini è risaputo. Ma l'ipotesi di trasformarla come un tempo fu la Tangeri della Zona internazionale, in città, è vista come il più classico dei cavalli di Troia piazzato da Mosca. "Fandonie", tagliano corto fonti militari dell'Oblast.
    Eppure, dopo giorni di sole, il cielo di Odessa è tornato ad annuvolarsi. La città si è risvegliata con il durissimo attacco russo a Mykolaiv, a poco più di cento chilometri a Est. Un missile ha sventrato il Palazzo della Regione di prima mattina, facendo 12 vittime e oltre 30 feriti. Il governatore Vitaly Kim, considerato il vero obiettivo dell'attacco, non era in ufficio e ha potuto raccontare l'episodio in un concitato video qualche minuto dopo. Ma i missili russi sono arrivati dopo giorni di relativa calma, colpendo al cuore la linea del fronte Sud ucraino. Basti pensare che, mercoledì, il sindaco della città aveva previsto una conferenza stampa proprio nell'edificio della Regione. Mentre a Odessa, le sirene hanno suonato più volte nell'arco delle ultime 24ore. E la contraerea è tornata a farsi sentire attorno all'ora di pranzo.
    "I russi stanno finendo la benzina ma anche noi abbiamo bisogno di ulteriori rinforzi", racconta uno dei residenti, uno dei tanti che guarda ai prossimi giorni come l'ultimo guado da superare. Non sarà facile. Il fronte Sud resta caldo, nel pomeriggio si rincorrono le voci su una colonna di mezzi militari russi diretti da Kherson, città occupata, proprio verso l'Oblast di Mykolaiv. I circa dieci ospedali di Odessa sono in stato di allerta: le operazioni non urgenti sono state interrotte, a infermieri e medici sono impartiti corsi ad hoc di formazione per curare le ferite da guerra. Nella sede di Solidarietà europea, il partito dell'ex presidente Petro Poroshenko, non lontano dallo stadio, decine di donne da giorni preparano le reti mimetiche e il camouflage per i carri armati ucraini. "La maggior parte di noi sono insegnanti, questo è il nostro nuovo lavoro", scherza una di loro. Che poi si fa seria: "con Poroshenko tutto ciò forse non sarebbe successo, ma ora siamo uniti. Putin ha compattato pure i partiti".
    I flussi di rifugiati verso Odessa sono meno copiosi ma non si fermano. Dopo giorni di tentativi a vuoto in città sono arrivati in mattinata due degli italiani bloccati a Kherson: Antonio Antonelli, reatino, e Simone Sclafani, siciliano. Ai microfoni della Rai, mentre passavano il confine moldavo assieme alle rispettive compagne ucraine, i due hanno confermato le difficilissime condizioni di vita a Kherson, la città occupata.
    La loro fuga è stata drammatica, soprattutto al penultimo checkpoint russo. "Ci hanno fermato, ci hanno detto di stare in macchina. Un soldato ha preso le chiavi e i russi si sono portati dentro una guardiola il nostro autista. Attorno c'erano i carri armati accesi e noi in macchina a pregare", sono state le parole di Sclafani prima di lasciare a Odessa. Gli italiani rimasti nel porto ucraino sono invece quattro. E nessuno ha intenzione di andar via. Anzi lo chef Roberto Armaroli, da 14 anni qui, dopo le prime settimane di guerra ha anche riaperto il suo ristorante. E Odessa va avanti, navigando a vista e provando, qualche volta, a far finta che non sia successo nulla.
  
   

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