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Giorgiana Masi, Radicali: pezzi Stato volevano strage

Quel 12 maggio "pezzi dello Stato" volevano il morto. Anzi, "volevano la strage" per stroncare quella parte di società che si opponeva al "grande abbraccio Dc-Pci". Chi ha sparato a Giorgiana Masi su ponte Garibaldi, probabilmente, resterà uno dei maledetti misteri italiani. Ma le responsabilità politiche di quell'omicidio, per i Radicali, sono chiare da 40 anni e sono sempre le stesse.

Non c'è più Marco Pannella e non c'è più Luca Boneschi, militante radicale dal 1956 e avvocato della famiglia Masi, che per anni tentò, invano, di arrivare alla verità e l'unica cosa che ottenne fu una denuncia per diffamazione dal giudice istruttore che archiviò l'inchiesta. Ma molti di quelli che quel giorno erano in piazza Navona sono convinti che andò così.

"Anche oggi che sono passati 40 anni, noi Radicali non abbiamo nulla da rimproverarci. C'era qualcuno che voleva un altro morto e l'ha avuto. Che fosse Cossiga, questo qualcuno, non credo. Ma lui ha la responsabilità morale di aver assecondato questo qualcuno" dice Giampiero Spadaccia, allora presidente del Consiglio federale dei Radicali.

Assieme all'allora segretario Adelaide Aglietta, Spadaccia chiamò il ministro dell'Interno la sera dell'11 maggio. In piazza Navona i Radicali stavano già montando il palco. "Gli dicemmo che, se aveva già deciso di bloccare la nostra iniziativa, avrebbe potuto intervenire quella sera facendo smontare il palco dai poliziotti che erano già lì. Ma non fece nulla". Valter Vecellio, giornalista e militante, il 12 maggio fu picchiato due volte, prima dai carabinieri e poi da un agente in borghese. "Ci fu un'aggressione scientifica da una sola parte - ricorda - per ore il martellamento delle forze dell'ordine ha colpito chiunque si trovasse lì, non guardavano in faccia a nessuno. C'erano poliziotti che sparavano ad altezza uomo, non importava se a morire fosse un carabiniere o un manifestante, come poi è accaduto. Qualcuno doveva morire". Perché? "Perché cercavano la strage - risponde - l'avevano pianificata deliberatamente con un'azione provocatoria. La volevano fortemente, ma non sono riusciti ad ottenerla".

Roberto Cicciomessere è uno degli autori di 'Cronaca di una strage', il libro bianco che i radicali realizzarono qualche settimana dopo l'omicidio di Giorgiana: un lungo atto d'accusa contro le forze dell'ordine contenente decine di foto di poliziotti armati e di testimonianze di quel giorno. Ad oggi è ancora uno dei pochi documenti disponibili per ricostruire quanto accadde il 12 maggio. "Sentii decine di persone, chiesi a tutti i fotografi di consegnare i loro scatti. Tutti ricordano la foto di Giovanni Santone, il poliziotto in borghese - racconta - ma la testimonianza fondamentale è un'altra: un video girato in super 8 da una signora che abitava in piazza della Cancelleria in cui si vedono chiaramente due poliziotti in divisa, nascosti dietro le colonne, che estraggono la pistola dalla fondina e sparano ad altezza uomo". Quelle immagini smentivano clamorosamente quanto detto dal sottosegretario Nicola Lettieri in Parlamento: "le forze di polizia non fecero uso di armi da fuoco".

Quel filmato è in circolazione da 40 anni, ma non ha cambiato il destino dell'inchiesta. "La magistratura allora era un po' diversa da adesso, c'erano pochissimi margini di manovra" sottolinea amaro Cicciomessere. "Chi era il pm che fece le indagini su Giorgiana? - chiede senza ironia Vecellio - Giorgio Santacroce. E chi condusse la prima inchiesta su Ustica, quella dei depistaggi? Giorgio Santacroce". Quel libro, aggiunge, "non è mai stato smentito, mai sequestrato. Eppure non è servito a nulla. D'altronde quando mai avrebbero potuto ammettere che settori dello Stato avevano pianificato quel che è successo?".

Si torna dunque alla politica. E a Cossiga. "La mattina del 12 maggio - ricorda Spadaccia - viene impedito l'accesso a piazza Navona ma non in centro. Centinaia di persone restano bloccate nelle cariche. Se Cossiga la sera dell'11 avesse detto ai poliziotti di smontare il palco noi avremmo protestato, avremmo fatto casini in Parlamento, ma avremmo capito. Evidentemente il progetto era un altro".

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