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Tensione nella maggioranza sull'art.18, Pd frena Alfano

Ncd insiste, accordo entro agosto. Guerini, niente tabù ma non ora

Prima o poi doveva doveva succedere che l'art.18 si intromettesse nella maggioranza, tra Pd e Ncd, e si facesse largo sul tavolo del governo già ingombrato a sufficienza. Angelino Alfano lo aveva promesso qualche giorno fa nella prima Assemblea di Ncd: l'art. 18 è un "totem da abbattere", aveva detto. Bene, ora lo ha ripetuto, e in modo più incisivo, offrendo anche indicazioni su modi (inseriamo la norma nello Sblocca Italia) e tempi (entro agosto).

Tanto che il Pd mette un freno a questa accelerazione con il vicesegretario Lorenzo Guerini che, pur assicurando che il tema non è "tabù", cerca di protrarre i tempi della discussione rimandando tutto il 'pacchetto' alla delega lavoro, quel Jobs act fermo, in attesa di giudizio, nella commissione Lavoro al Senato a causa del tour de force sulle riforme degli ultimi giorni. Eppure, che quello delle procedure per i licenziamenti fosse un tema di cui discutere sotto l'ombrellone c'era da aspettarselo. Il coordinatore del Ncd Gaetano Quagliariello prova a mettere ordine e a disegnare il quadro entro cui ci si dovrebbe muovere: trovare un accordo entro il mese di agosto per poi pensare alla forma legislativa. Prima il contenuto, la "sostanza", poi il contenitore, spiega Quagliariello.

Alfano chiede "l'abolizione dell'art.18" come "segnale molto forte di semplificazione", diventato ormai "necessario". Guerini è però chiaro quando dice che sarebbe sbagliato "anticipare la discussione a strumenti che non sono propri", spostando i riflettori proprio sul Jobs act: contesto in cui non ci saranno "chiusure pregiudiziali, senza la tentazione di piantare bandierine". Dello spiraglio si accorge subito il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, che da un lato tende la mano a Matteo Renzi parlando di "coesione nazionale" e dall'altro propone una "moratoria" sull'art.18 ("sospensione di tre anni per i neo-assunti"). I sindacati per ora, probabilmente in vista di un 'autunno caldo', fanno finta di sentirci di meno. Anche se il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, non aspetta troppo per dire la sua: "non serve abolire l'art.18". Secco il giudizio da parte del segretario generale della Fiom Cgil, Maurizio Landini, per il quale l'abolizione sarebbe "un errore gravissimo".

L'Ugl ridimensiona parlando di "dibattito surreale". La proposta è bocciata anche dal coordinatore degli assessori regionali al Lavoro, Gianfranco Simoncini, per il quale si tratta di un'idea che "non regge". Ma tutto il Ncd è però compatto nel cristallizzare la posizione, convinto che Renzi "saprà trovare le giuste argomentazioni". Il coro è unanime, dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ("il governo non è un monocolore Pd") al senatore Maurizio Sacconi che punta i piedi, rifiuta 'veti', ed "invoca una misura 'sblocca lavoro'", fino a Fabrizio Cicchitto che chiede di "prendere il toro per le corna". Si uniscono nella richiesta anche i nuovi compagni del progetto della Costituente dei popolari come l'Udc di Gianpiero D'Alia, Favorevole a una revisione dell'art. 18 anche il capogruppo di Scelta Civica alla Camera Andrea Mazziotti.

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