Per dare una 'sforbiciata' di due
punti percentuali all'Irpef dei contribuenti, con un calo dal
35% al 33%, "servirebbero circa 2,5 miliardi", mentre "con gli
incassi derivanti dal concordato preventivo biennale,
attualmente stimati in 1,3 miliardi, sarebbe possibile ridurre
l'aliquota di un solo punto percentuale, dal 35% al 34%", con
"un'operazione che costerebbe circa 1,2 miliardi". Lo fa sapere
la Fondazione nazionale dei commercialisti, che ha effettuato
una simulazione sugli effetti di un 'taglio' delle tasse con i
proventi del nuovo strumento, scaduto il 31 ottobre scorso,
grazie al quale i cittadini avevano l'opportunità di trovare
un'intesa col Fisco e pagare la somma pattuita.
Per i professionisti, se si arrivasse al 'taglio' di due
punti percentuali dell'Irpef, ciò riguarderebbe una platea dei
beneficiari "ampia, pari a circa 11 milioni di contribuenti". Ad
esser finiti sotto la lente della Fondazione sono pure gli
effetti che le due ipotesi produrrebbero sia per i lavoratori
dipendenti (per i quali va considerato anche il nuovo taglio del
cuneo fiscale contemplato nella legge di bilancio 2025), sia per
autonomi e pensionati, ai quali, invece, il taglio del cuneo non
si applica". In particolare i subordinati, "i risparmi,
cumulando taglio del cuneo e riduzione aliquota, scatterebbero
solo a partire dalle retribuzioni lorde superiori a 35.000
euro", e "sotto questa cifra per alcuni gli effetti sarebbero
leggermente negativi".
Invece, scrivono i commercialisti, "son tutti con il 'segno
più' gli effetti per autonomi e pensionati, anche se con
risparmi, specie per i redditi tra i 30 e i 35.000 euro, molto
contenuti".
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