L'Iran afferma in un rapporto
ufficiale che meno di 300 persone sono morte durante le proteste
nel 2022 scatenate dalla morte in custodia di Mahsa Amini. La
cifra è significativamente inferiore a quella fornita dalle
Nazioni Unite all'inizio di questo mese che in base a "dati
credibili" ha riferito di "ben 551 manifestanti uccisi dalle
forze di sicurezza, tra cui almeno 49 donne". Il rapporto
iraniano attribuisce la maggior parte delle morti civili ai
"rivoltosi" e afferma che i rimanenti sono coinvolti in "atti o
attacchi terroristici". Pubblicato ieri il rapporto speciale
dell'ufficio del presidente stima che 281 persone siano morte
nei mesi di disordini seguiti alla morte di Amini nel settembre
del 2022. Il documento dettagliato, lungo quasi 300 pagine, è
stato pubblicato nove giorni dopo un rapporto commissionato dal
Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che ha
accusato l'Iran di crimini contro l'umanità.
Amini, 22 anni, era una donna curda iraniana morta tre giorni
dopo il suo arresto per presunta violazione del codice di
abbigliamento iraniano che impone alle donne di indossare il
velo. Il comitato speciale, incaricato dal presidente Ebrahim
Raisi di indagare sui disordini che hanno scosso il Paese dopo
la sua morte, ha affermato che Amini è morta di ipossia
cerebrale, ovvero una mancanza di ossigeno al cervello.
Nell'ottobre 2022 la famiglia di Amini aveva respinto un
rapporto medico ufficiale secondo cui la morte della giovane non
era stata causata dalle percosse subite.
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