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Iraq, 700 turcomanni massacrati dall'Isis

Unicef: il massacro è avvenuto lo scorso luglio

Circa 700 civili appartenenti alla minoranza turcomanna sciita, tra cui "bambini, donne e vecchi", sono stati massacrati dai jihadisti dello Stato islamico (Isis) nel villaggio di Beshir, nel nord dell'Iraq. Lo ha detto all'ANSA il rappresentante dell'Unicef in Iraq, Marzio Babille, precisando che la strage è avvenuta tra l'11 e il 12 luglio.

La denuncia, che si basa sulle testimonianze raccolte dai profughi fuggiti da Beshir, arriva mentre si teme per la sorte di altre migliaia di turcomanni che i jihadisti assediano dallo scorso giugno nella città di Amerli.

E' necessario un "D-Day umanitario" per i 700.000 profughi in fuga dalle violenze dell'Isis nel nord dell'Iraq, ha detto il rappresentante dell'Unicef nel Paese, Marzio Babille, chiedendo tra l'altro alla comunità internazionale di istituire una zona protetta come quelle realizzate in Bosnia, con truppe sul terreno. Come gli yazidi e i cristiani, i turcomanni sciiti sono tra le minoranze prese di mira dalle persecuzioni dell'Isis, che segue una dottrina fondamentalista sunnita.

Secondo Babille è anche necessario organizzare "un ponte aereo sistematico dall'Europa" per aiutare il Kurdistan iracheno, "l'unico baluardo dei diritti umani" in questo momento nel Paese, che dà ospitalità a profughi di ogni etnia e religione. I 440.000 civili che sono confluiti nella regione autonoma curda a partire da giugno davanti all'offensiva dell'Isis, si sono aggiunti ai 250.000 siriani che già vi avevano trovato rifugio dall'agosto del 2013.

"In tutto, quindi - ha sottolineato Babille - il Kurdistan accoglie 700.000 profughi, rispetto a una popolazione residente di meno di cinque milioni". Il rappresentante dell'Unicef ha aggiunto che gli episodi di violenza registrati che hanno coinvolto bambini sono stati a partire dallo scorso giugno "quattro volte più numerosi che nei precedenti nove mesi". "Da parte della comunità internazionale - ha affermato Babille - ci sono state troppe indecisioni. Se non si interviene rischiamo una disintegrazione del Medio Oriente, e anche l'Europa ne pagherà le conseguenze".

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