L'"arresto e la custodia" in Ungheria di Gabriele Marchesi sono "ragionevoli" perché "è emerso un fondato sospetto" che il giovane appartenete all'area anarchica "abbia commesso tre volte il tentato reato di lesione personale potenzialmente letale", di cui una "come coautore" e due "come complice". In una paginetta e mezza la Procura Generale di Budapest risponde picche alla Corte d'Appello di Milano che aveva chiesto di verificare la possibilità di "strumenti" alternativi al mandato d'arresto europeo di cui è destinatario il 23enne, sospendendo la consegna.
Strumenti alternativi come gli arresti domiciliari in Italia che, invece, per le autorità del Paese guidato da Viktor Orban, non sono possibili perché solo con la "consegna e l'arresto" del giovane, ai domiciliari a Milano, che ritornerà davanti ai giudici italiani il prossimo 28 marzo, è ritenuto il modo per evitare una eventuale fuga e per "garantire" che resti "a disposizione delle autorità" e sia presente in particolare "agli atti procedurali".
Secondo la ricostruzione il pubblico ministero caposezione Zita Nag, Marchesi, coindagato di Ilaria Salis, l'attivista antifascista in carcere da oltre un anno a Budapest per aver aggredito dei neonazisti e passata alla ribalta delle cronache per le denunce sulle condizioni "disumane" di detenzione, farebbe pure lui parte di "una organizzazione criminale" creata "per commettere atti violenti contro le persone". Un sospetto, questo, ritenuto "fondato" per la conferme date, tra l'altro, "da immagini di telecamere, deposizioni di testimoni, perizie medico-legali sulle lesioni delle vittime" e "prove documentali".
Inoltre, per sostenere che ci sono sono le condizioni per l'arresto, il pm osserva che, per i reati contestati, la pena prevista dalla legge va dai 2 ai 24 anni di reclusione. Una "tale durata - prosegue l'atto - costituisce di per sé il rischio di fuga e clandestinità per un autore che non ha legami con l'Ungheria", qualora non fosse in carcere.
Il magistrato, a supporto della sua replica, aggiunge inoltre che "la persona ricercata è partita per un luogo sconosciuto dopo aver commesso il reato e la sua effettiva dimora, abitazione, mezzi di sussistenza ed esistenza nel suo Paese sono sconosciuti". E ancora: "lui e i suoi compagni, al solo scopo della commissione organizzata di reati dolosi a lui imputabili e diretti a procurare lesioni potenzialmente mortali, sono arrivati in Ungheria in un modo e su un percorso" che avrebbe reso impossibile ricostruire "il suo viaggio a Budapest e verificare il suo alloggio prenotato con dati fittizi".
Sulla base di ciò, conclude, "date le circostanze cospirative altamente organizzate dell'esecuzione e dei preparativi del reato, non si aspetta" da parte di Marchesi, ai domiciliari in Italia, "l'osservanza spontanea delle norme che sarebbe condizione fondamentale per l'applicazione di una misura meno severa dell'arresto". Il prossimo 28 marzo davanti ai giudici milanesi della quinta Corte d'Appello, il pg Cuno Tarfusser di certo ribadirà la richiesta di non consegnare il giovane per via delle condizioni detentive in Ungheria "disumane". Condizioni per le quali lo stesso giorno a Budapest Ilaria Salis comparirà di nuovo in Tribunale e i suoi legali chiederanno gli arresti domiciliari.
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