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Assange: Ai Weiwei, la sua battaglia è per la nostra libertà

Assange: Ai Weiwei, la sua battaglia è per la nostra libertà

Dissidente cinese contro estradizione a Usa fondatore WikiLeaks

LONDRA, 28 settembre 2020, 18:02

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Una protesta silenziosa, come a voler denunciare una sorta di parallelo fra la prepotenze del regime di Pechino e quelle imputate agli Usa. E' il senso della testimonianza di solidarietà manifestata oggi dal celebre artista e dissidente cinese Ai Weiwei - attualmente rifugiato nel Regno Unito - contro l'estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, al centro di un controverso procedimento di fronte alla giustizia britannica.
    "Tutte le parole che vogliamo dire sono già lì", ha dichiarato Ai Weiwei indicando la sede di Old Bailey, la corte londinese dove è in corso da inizio settembre l'iter sulla possibile consegna oltre Oceano del fondatore australiano di Wikileaks.
    Parlando ai media, il dissidente cinese ha dichiarato di ritenere la battaglia di Assange "un valore fondamentale per la nostra libertà".
    Numerosi i manifestanti che si sono dati appuntamento con lui questa mattina a Londra per sostenere la campagna "Free Assange": tra le personalità del mondo dell'arte, dello spettacolo e della moda c'erano la leggendaria stilista inglese Vivienne Westwood, l'attrice Pamela Anderson e la rapper MIA.
    La corte londinese è chiamata a stabilire - con un verdetto appellabile atteso probabilmente dopo le elezioni presidenziali americane del 3 novembre - se l'attivista australiano dovrà essere processato negli Usa, dove è inseguito fin da quando WikiLeaks diffuse nel 2010 centinaia di migliaia di documenti militari e diplomatici, svelando - tra le altre cose - evidenze di crimini di guerra attribuiti alle forze statunitensi in Iraq e Afghanistan. In caso di condanna, il 49enne Assange, su cui pesano 17 contestatissimi capi d'imputazione per 'spionaggio' (su 18 totali), inediti nella stessa storia giudiziaria americana per un caso di pubblicazione mediatica di file riservati, rischia ben 175 anni di reclusione.
   

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