"Non c'è una stampa libera
all'interno dell'Afghanistan e da quando sono tornati i talebani
su 10mila giornalisti che erano presenti nel Paese, ne sono
rimasti 2mila e stanno facendo un lavoro fondamentale": è quanto
ha detto stamani al Festival del giornalismo di Perugia,
Lotfullah Najafizada, ceo e fondatore di Amu Tv, intervistato da
Phil Chetwynd, direttore dell'agenzia France Presse.
Amu Tv è un canale televisivo e multimediale internazionale e
indipendente con sede a Washington, negli Stati Uniti, che
racconta a distanza quanto accade in Afghanistan. Najafizada
- ex direttore di Tolo News - e i suoi colleghi stanno cercando
di rivitalizzare la stampa libera in Afghanistan, collegando i
giornalisti afghani all'estero con coloro che sono all'interno
del Paese e fornendo un reportage gratuito e imparziale per il
popolo afghano in risposta alla crescente censura dei media
sotto i talebani. Una voce importante che, grazie soprattutto
ai collegamenti satellitari, riesce a informare milioni di
afghani e contribuisce a sostenere anche i giornalisti rimasti
all'interno del loro Paese. "Ci sono migliaia di loro - ha
raccontato Najafizada - che vorrebbero lavorare. Per un annuncio
di lavoro che abbiamo pubblicato, abbiamo ricevuto 500 messaggi.
Quindi 500 persone vorrebbero lavorare per una piccola redazione
all'interno del Paese e questo dice molto sulla resilienza dei
giornalisti afghani". "Ma i talebani stanno seguendo questi
giornalisti e le loro famiglie - ha ricordato il ceo di Amu Tv -
sono almeno 200 i casi di arresti e intimidazioni registrati
dall'Onu nei primi 18 mesi della regola talebana". "E c'è stata
una crescente censura e autocensura, in particolare da parte dei
media che sono presenti nel Paese", ha aggiunto. Nel corso
dell'intervista ha spiegato come riescono ad avere notizie
direttamente dai territori afghani: "Abbiamo iniziato con decine
di giornalisti dichiarati - ha raccontato Najafizada - ma c'è
stata una grande rottura con i talebani, quindi abbiamo cambiato
il nostro modo di operare. Ora - ha detto ancora - lavoriamo con
molti giornalisti anonimi che sono distribuiti in tutto il
Paese". "Questo è stato molto efficace - ha sottolineato
Najafizada - perché il modello dei talebani è quello di
contattare l'editore e assicurarsi che la storia non venga
diffusa. E ogni venerdì consultano giornalisti ed editori presso
la loro unità di intelligence". "Naturalmente abbiamo
determinate misure di sicurezza, come la gestione digitale e la
sicurezza informatica, per garantire la sicurezza dei nostri
giornalisti. Abbiamo anche sviluppato un portale attraverso il
quale collaboriamo con loro in modo sicuro", ha spiegato il
giornalista di Amu Tv.
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