La "guerra delle terre rare", quella che insanguina l'est del Congo e indirettamente la tecnologia che l'Occidente si porta in tasca con gli smartphone e nei cofani delle auto elettriche, sta avendo una pausa: i ribelli dell'M23, sostenuti dal Ruanda, hanno dichiarato un "cessate il fuoco" unilaterale a partire da domani "per motivi umanitari". Una mossa che precede un incontro tra i presidenti congolese, Félix Tshisekedi, e ruandese, Paul Kagame, previsto per questo fine settimana in Tanzania.
Nonostante l'annuncio, persistono timori riguardo alle reali intenzioni dell'M23 sul controllo delle risorse minerarie nella regione e sullo sviluppo del conflitto che, secondo l'Onu, ha causato almeno 900 morti e circa 2.800 feriti solo nei cinque ultimi giorni di gennaio. L'M23, acronimo di "Movimento del 23 marzo", ha recentemente conquistato Goma, capitale provinciale del Nord Kivu, una città strategica con oltre un milione di abitanti. Sebbene i combattimenti siano cessati a Goma, scontri sono stati segnalati nella vicina provincia del Sud Kivu, alimentando preoccupazioni su una possibile avanzata verso Bukavu che i ribelli negano di voler compiere, anche se la scorsa settimana avevano annunciato di puntare su Kinshasa: la megalopoli dall'altra parte dell'enorme, potenzialmente ricchissimo ma tragicamente travagliato "cuore di tenebra" dell'Africa. Il conflitto, che dura da oltre tre anni, ha vissuto numerosi cessate il fuoco e tregue, spesso infranti poco dopo la loro dichiarazione. L'Onu ha comunque approfittato del momento per chiedere la riapertura dell'aeroporto di Goma, definendolo una "linea vitale" per l'evacuazione dei feriti gravi, la consegna di forniture mediche e l'arrivo di rinforzi umanitari. Le organizzazioni regionali, insieme a paesi mediatori come l'Angola e il Kenya, l'Onu, l'Ue e la comunità internazionale, stanno nel frattempo cercando una soluzione diplomatica alla crisi, temendo un'escalation regionale: Tshisekedi e Kagame parteciperanno a un vertice straordinario congiunto della Comunità degli Stati dell'Africa Orientale (Eac) e di quella di Sviluppo dell'Africa Australe (Sadc) a Dar es Salaam. Anche il Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu si riunirà d'urgenza, su richiesta di Kinshasa, per esaminare la crisi. Dietro questo conflitto si celano interessi legati al controllo delle "terre rare", minerali indispensabili per le tecnologie moderne. Il Nord e il Sud Kivu sono ricchi di risorse come gli ambitissimi "3T": lo stagno (tin, in inglese), il tungsteno e il tantalio, estratto dal coltan e fondamentale per la produzione di componenti elettronici. Kinshasa accusa Kigali di voler saccheggiare queste risorse, mentre il Ruanda nega, affermando di voler eliminare dalla regione gruppi armati che minacciano la propria sicurezza. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, tra aprile e dicembre 2024, l'M23 avrebbe generato entrate per 800 milioni di dollari legate all'estrazione illegale di coltan, esportato attraverso il Ruanda.
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