Terremoto politico, tsunami, shock: sono questi i termini che prevalgono all'indomani del primo turno delle presidenziali in Romania, vinte a sorpresa dall'esponente di estrema destra filorusso Calin Georgescu, praticamente uno sconosciuto fino al momento della sua candidatura, che andrà al ballottaggio l'8 dicembre con Elena Lasconi, sindaca e politica di centrodestra, ritenuta anche lei una outsider alla vigilia, ma che è riuscita nell'impresa di arrivare seconda.
L'incredibile notte elettorale di Bucarest ha visto la clamorosa uscita di scena dei due favoriti dai sondaggi - il premier socialdemocratico Marcel Ciolacu e l'altro candidato dell'estrema destra sovranista George Simion, giunti rispettivamente terzo e quarto e ormai fuori dai giochi. Tutti i media e gli osservatori concordano nel ritenere che si sia trattato delle elezioni più sorprendenti nella storia della Romania post-comunista. E se Lasconi, che ha ottenuto il 19,18%, alla vigilia aveva da parte degli opinionisti un minimo di credibilità in più nel raggiugere un risultato importante in questo primo turno, quanto è successo con il candidato di estrema destra Calin Georgescu è stata una sorpresa assoluta, uno tsunami politico, come l'hanno definito molti media locali.
Probabilmente Georgescu, che ha chiuso col 22,9% delle preferenze, non ci credeva nemmeno lui, tanto è vero che in campagna elettorale aveva dichiarato: "Non sono un candidato, ho risposto ad una chiamata: uno per tutti, tutti per dio".
Proveniente dall'Aur (Alleanza per l'Unione dei Romeni), formazione di ultradestra, ha battuto il suo stesso mentore, quel George Simion, leader attuale di Aur, che lo aveva candidato come premier nel 2022 e a cui verosimilmente ha sottratto diversi voti, costringendolo ad accontentarsi del quarto posto con il 13,8%. No vax, pro-Russia, ammiratore di Vladimir Putin, critico della Nato e con pulsioni antioccidentali, proveniente da una famiglia di preti ortodossi e contrario a nuovi aiuti all'Ucraina, sarà dunque Calin Georgescu l'uomo che parte favorito per il ballottaggio dell'8 dicembre, e che avrà senza dubbio l'appoggio del suo ex partito Aur. "Stasera il popolo romeno ha lanciato il suo grido per la pace", ha detto dopo la diffusione dei risultati elettorali.
Contro di lui correrà una signora distinta, giornalista, sindaca del piccolo comune di Campulung, cittadina a poco più di 150 km a nord di Bucarest, eletta lo scorso giugno a capo del partito anti-sistema dell'Usr (Unione Salvate la Romania).
Lasconi avrà due settimane per ricompattare la destra moderata e cercare di convincere anche parte degli elettori del partito socialdemocratico a stare con lei per fermare l'avanzata dell'estrema destra, alimentata dal malcontento che persiste nel Paese per la crisi economica, l'alta inflazione, gli scarsi risultati nella lotta a corruzione e criminalità, e per i timori di ripercussioni negative del conflitto in Ucraina.
Il secondo turno delle presidenziali è in programma fra due settimane, ma prima di arrivarci la Romania dovrà votare anche per il Parlamento, domenica prossima primo dicembre, un appuntamento che potrebbe registrare un effetto contagio con una nuova, clamorosa affermazione della destra più oltranzista.
Tutto ciò in un momento molto delicato, che vede i due principali partiti della coalizione di governo sconfitti alle presidenziali, con i loro leader - il premier socialdemocratico Marcel Ciolacu e il presidente del Senato ed ex premier liberale, Nicolae Ciuca - costretti alle dimissioni dopo lo smacco nel voto di ieri.
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