Castità e velo islamico oppure il carcere. L'Iran ha approvato una nuova legge sulla "protezione della famiglia tramite la promozione della cultura della castità e dell'hijab" che inasprisce le sanzioni per le donne che non portano in pubblico il velo, obbligo già in vigore dalla fondazione della Repubblica islamica.
La ratifica del Consiglio dei Guardiani, un organo costituzionale, è arrivata dopo che il Parlamento ha apportato alcune modifiche relative alle modalità di esecuzione della norma proposta. Mentre non è ancora stato rivelato ufficialmente il testo del provvedimento, la sua versione più recente, pubblicata dai media nei mesi scorsi, prevede sanzioni che vanno da multe a restrizioni all'uso di internet fino a periodi di reclusione, confisca del proprio veicolo e divieti di viaggiare all'estero per chi non porta l'hijab, o lo fa in modo improprio, e per chi promuove "la nudità e l'indecenza" sui social media.
Secondo un rapporto pubblicato nei giorni scorsi dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Ohchr), la legge prevede per chi trasgredisce "multe pecuniarie esorbitanti, pene detentive più lunghe, restrizioni sulle opportunità lavorative e scolastiche", mentre le norme in vigore già puniscono chi non porta il velo con un periodo di detenzione che va dai 10 giorni ai 2 mesi. Per l'Ohchr, la nuova legge arriva in un periodo dove "le forze di sicurezza hanno ulteriormente intensificato i modelli preesistenti di violenza fisica, tra cui percosse, calci e schiaffi a donne e ragazze ritenute non in linea con le leggi ed i regolamenti obbligatori sull'hijab".
Prossimamente, il presidente dell'Assemblea parlamentare iraniana annuncerà ufficialmente l'approvazione della legge e successivamente il governo sarà chiamato a comunicare alle autorità competenti l'entrata in vigore del provvedimento per la sua applicazione. Il disegno di legge è stato inviato più volte al Consiglio dei Guardiani prima della ratifica ma la proposta era già stata approvata per la prima volta dal Parlamento circa un anno fa, nei giorni del primo anniversario della morte di Mahsa Amini, la 22enne curda che perse la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava correttamente il velo mentre si trovava nelle strade della capitale iraniana. La morte della giovane, nel settembre del 2022, provocò un'ondata di proteste anti governative che andarono avanti per mesi in varie città del Paese, con ragazze che bruciavano il proprio velo in piazza e contestavano apertamente la Repubblica islamica.
La questione dell'hijab, da decenni al centro di contestazioni da parte degli attivisti iraniani, è tornata al centro del dibattito in Iran dopo il caso Mahsa e, durante la sua campagna elettorale, il presidente Masoud Pezeshkian, eletto in luglio e ritenuto un politico riformista, aveva criticato la nuova legge proposta sull'hijab, promettendo di porre fine anche ai controlli di polizia e all'uso della violenza contro le donne che non rispettano le norme sul velo.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA