"In questa fase i militari russi hanno il timore di entrare con gli aerei in territorio nemico perché ormai, visto l'equipaggiamento di Kiev, rischiano troppo". È l'analisi della situazione attuale del conflitto, fatta dal generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica militare, consigliere militare di tre presidenti del Consiglio e presidente della Fondazione Icsa, secondo il quale "l'intensità della guerra è diminuita" e "nonostante piccole avanzate, la controffensiva ucraina al momento non è così evidente".
In questa situazione di logoramento suscita nuovi timori la distruzione della diga di Nova Khakovka: "episodi del genere non fanno parte di una vera e propria strategia da parte di Mosca, che sta inviando pochi velivoli e usa soprattutto missili o bombe plananti. L'armamento viene quindi utilizzato in maniera balistica, altamente imprecisa. Per questo ormai è difficile intuire le motivazioni che possono aver indotto a colpire un obiettivo piuttosto che un altro, aldilà dei tentativi di creare terrore", commenta Tricarico.
Nel descrivere le difficoltà russe, il generale fa riferimento alle difficoltà sul rifornimento bellico. "Mosca non riesce a far arrivare materiali critici e non ha un'autonomia sufficiente. Però pur essendo male attrezzata, con un esercito impreparato e una dottrina di impiego inadeguata, le dimensioni della Russia restano quelle di un grande Paese armato, inclusa la minaccia nucleare e più realisticamente quella batteriologica e chimica".
Ci sono poi le altre armi improprie nella mani di Putin: dagli "effetti collaterali che la Wagner potrebbe provocare nelle zone calde dei Balcani e in Africa", fino all'entrata in scena dei nuovi gruppi di mercenari di Gazprom Neft, con risultati "dispiegati nel tempo". Un fenomeno imprevisto sono invece i nuovi partigiani russi anti-Putin: "anche se dal punto di vista militare non porteranno risultati significativi, politicamente potrebbero intaccare il consenso interno, sommandosi alla crescente dissidenza di quella parte di popolazione (ai confini dell'impero), che patisce sempre più le perdite per i soldati morti".
Restano sul fronte opposto le difficoltà di Kiev nel mettere in atto un'avanzata efficace. "Una corretta impostazione della guerra prevede che vengano colpiti i gangli vitali del nemico (ovvero colpire la Russia nel suo territorio, ben oltre il Donbass). È una cosa che l'Ucraina non può fare, come condizione imposta dalla stessa Nato", spiega Tricarico, che ricorda anche: "fin da quando hanno potuto contare sull'appoggio dell'Occidente, ben prima del febbraio 2022, le truppe di Zelensky hanno man mano acquisito una capacità tale da poter annunciare a tutto il mondo una controffensiva. Ma certe abilità non si creano dall'oggi al domani. Certo - riflette - i caccia F-16, i carri armati Leopard e i sistemi antiaerei sono una componente non secondaria, però da soli non consentono di dare un colpo risolutivo al conflitto. Almeno non rapidamente, serve tempo".
In questo scenario fa capolino l'iter per la pace che, seppure lontano, trova qualche spiraglio con l'iniziativa della Santa Sede: "visti i rituali e le procedure, sembra avere i crismi della maniera con cui certi problemi andrebbero affrontati. Dei colloqui non si sa molto ed è così che deve essere, perché nelle fasi iniziali le trattative vanno condotte nella riservatezza più assoluta. Forse tutto questo non porterà a un negoziato, tuttavia - conclude Tricarico - è molto importante che qualcuno ci provi seriamente, perché finora tentativi del genere non se ne sono neppure visti".
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