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Trump condannato, abusò e diffamò Jean Carroll

'Ma non fu stupro'. Tycoon deve pagare 5 milioni alla scrittrice

"Non ho assolutamente idea di chi sia questa donna, questo verdetto è una vergogna, una continuazione della più grande caccia alle streghe di tutti i tempi": così Donald Trump ha commentato sul suo social Truth il verdetto della giuria di New York che lo ha ritenuto responsabile di una aggressione sessuale ai danni della scrittrice Jean Carroll nei camerini di un grande magazzino della Grande Mela nel 1996, e di averla poi diffamata.

Prima, imbarazzante sentenza contro Donald Trump, che vede così compromessa la sua nuova corsa alla Casa Bianca. Dopo poche ore di camera di consiglio, la giuria di un processo civile in corso a new York lo ha ritenuto colpevole non di un vero e proprio stupro ma di una aggressione sessuale ai danni della scrittrice Jean Carroll nei camerini di un grande magazzino della Grande Mela nel 1996. E di averla poi diffamata con un post sul suo social Truth nell'ottobre 2022 in cui definì le accuse della donna una "farsa", una "truffa": una linea mantenuta dalla difesa per tutto le udienze. Il tycoon è stato quindi condannato ad un risarcimento complessivo di 5 milioni di dollari. Mercoledì sera dovrà difendersi nella sua prima uscita pubblica dopo la sentenza, in un dibattito della Cnn.

Si chiude così dopo due settimane un processo che farà la storia, anche del movimento #Metoo, e che lascerà una macchia indelebile sull'immagine dell'ex presidente e sui suoi rapporti con le donne, minando i suoi consenti nell' elettorato femminile. E ben poco varrà il soccorso in extremis di Melania, che poche ore prima del verdetto aveva rilasciato a Fox News un'intervista per ribadire il suo sostegno alla ricandidatura del marito e la sua fiducia in un'altra vittoria per guidare nuovamente l'America "verso la grandezza e la prosperità". Il dibattimento ha tenuto incollato il Paese alla tv, soprattutto quando Carroll ha testimoniato in aula raccontando i vividi dettagli dell'episodio e i suoi sensi di colpa. "Sono qui perchè Donald Trump mi ha violentata", aveva esordito, sintetizzando una sofferenza durata 30 anni e confermata da alcuni amici.

"Quando ho scritto della violenza, lui ha negato. Ha mentito e ha distrutto la mia reputazione. Sono qui per riprendermi la mia vita", aveva spiegato la giornalista ed editorialista, oggi 79enne, arrivando in tribunale con lo sguardo nascosto da grossi occhiali neri. Carroll, all'epoca giornalista del magazine Elle, ha accusato il tycoon di averla stuprata nel 1996 nel camerino del grande magazzino Bergdorf Goodman dopo che i due si erano conosciuti a una festa e lui le aveva chiesto dei suggerimenti per un regalo. "E' stata una sensazione orribile. Ha messo la mano dentro di me e girato il dito", ha raccontato la scrittrice rivelando i dettagli della violenza e confessando di essere ancora tormentata dal ricordo di Trump che abusa di lei nel camerino. Carroll ha anche spiegato perchè non avesse mai denunciato l'ex presidente prima del 2019. "Mi vergognavo, pensavo fosse colpa mia", ha detto con la voce strozzata dalle lacrime. L'esperienza terrificante "l'ha segnata per sempre" e non è mai più riuscita ad avere una relazione amorosa. In aula ha dovuto anche giustificarsi per non aver urlato ("ero pietrificata dalla paura"). La giuria non ha creduto alla versione di uno stupro ma non ha avuto dubbi sull'aggressione sessuale. Trump non è mai comparso al processo, limitandosi ad una deposizione privata poi mostrata ai giurati in cui è finito col testimoniare contro se stesso: prima affermando che Carroll non era il suo "tipo", salvo confonderla poi con l'ex moglie Marla Maples, poi confermando quanto detto in un famigerato audio, ossia che quando uno è una star come lui può baciare o prendere impunemente le donne per il loro organo genitale.

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