La notte tra il 12 e il 13 gennaio si mette in cammino nella tundra ghiacciata per passare il confine con la Norvegia. Proprio dove le torri di guardia pullulano di soldati russi e i riflettori sfondano l'oscurità artica, lui supera i temibili bastioni trattenendo il respiro: alle due del mattino, nel gelo paralizzante, arriva al filo spinato della frontiera, si arrampica incalzato dai cani, la luce che all'improvviso lo inquadra, il sibilo dei proiettili sfiora il suo corpo. Poi il salto, la corsa nella foresta norvegese, una casa, qualcuno che gli apre la porta. L'Occidente. Ma qualcosa deve essere andato storto nel racconto agli agenti norvegesi di Andrey Medvedev, il giovane ex comandante di plotone disertore del gruppo di mercenari Wagner, fuggito dalla Russia, che ieri sera è passato da richiedente asilo a persona sottoposta a custodia cautelare.
"E' stato arrestato in base alla legge sull'immigrazione e viene preso in considerazione per l'internamento in un campo per stranieri illegali", ha dichiarato la sezione immigrazione della polizia di Oslo, dove da dieci giorni Medvedev vive nascosto in una villetta controllata a vista. I funzionari non hanno voluto specificare le ragioni del provvedimento, né fornire commenti, inducendo a immaginare crepe sospette nella ricostruzione del mercenario 25enne che nei giorni scorsi si è detto disposto a svelare le atrocità del gruppo Wagner in Ucraina e le magagne del suo fondatore Yevgeny Prigozhin, oscuro oligarca amico di Vladimir Putin.
Un racconto presumibilmente non del tutto convincente, a cominciare dal fatto che il territorio tra la Russia e la Norvegia è praticamente una delle zone di confine più sorvegliate del mondo, con pattuglie addestrate a non lasciarsi sfuggire neppure un fiocco di neve. Poi forse i norvegesi avranno pure avuto difficoltà a immaginare l'ex comandante di plotone che parte dalla città mineraria di Nikel, a nord del circolo polare artico, marcia nell'oscurità, viene scoperto dalle guardie russe, attraversa il fiume ghiacciato Pasvik sotto i colpi di fucile, ma la fa franca solo correndo a perdifiato nonostante il gelo che entra nei polmoni e i denti dei cani ai polpacci. Senza l'aiuto di nessuno. Chi è Andrey Medvedev? Chi c'è dietro di lui? Quali scopi ha?, si saranno chiesti a Oslo. La guerra fredda sarà roba da altri tempi, ma questa fuga, almeno per come la racconta lui, sembra più una sceneggiatura anni '70 che lo scampato pericolo di un mercenario indignato
dalle atrocità del suo battaglione.
Oggi l'avvocato Brynjulf Risnes ha escluso che Medvedev possa essere estradato in Russia: "Il rischio che venga espulso? È zero. Lo hanno arrestato perché c'è stato disaccordo tra lui e la polizia sulle misure per garantire la sua sicurezza", poiché adesso teme per la sua vita ritenendo di essere un testimone prezioso per far luce sulla brutalità dei mercenari di Prigozhin. Ha assistito a una serie di crimini di guerra, tra cui l'esecuzione di "disertori" da parte degli stessi Wagner. Prima di fare il mercenario Medvedev non aveva vissuto una vita particolarmente insolita: dopo il servizio militare era finito in carcere per furto. I diecimila dollari al mese per prendere Bakhmut e Soledar gli sono sembrati una svolta. Ma
forse la vera svolta, arresto a parte, potrebbe essere l'asilo in Norvegia. Quando i riflettori si spegneranno, qualunque sia
la vera storia del suo passaggio a ovest, forse nessuno ricorderà il suo passato e per il mercenario Andrey si apriranno
altre porte.
D'altra parte, la responsabile della fondazione di beneficenza Sitting Russia, Olga Romanova, ha detto che il gruppo Wagner ha già perso circa 40.000 prigionieri precedentemente reclutati nella guerra in Ucraina. In un'intervsta televisiva, Romanova ha dichiarato che l'abbandono di massa dei prigionieri da "Wagner" è iniziato in autunno e molti sono fuggiti dal fronte in Russia, portando con sé armi. Romanova ha espresso l'ipotesi che lo stesso Prigozhin non tenga traccia dei dispersi e dei disertori tra i mercenari: tutti sono registrati tra i morti. Ciò è probabilmente indicato dal fatto che i parenti dei morti in Russia ricevono bare vuote.