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Ordine di Malta: 'Salviamo vite, non è politica' / IL REPORTAGE

A Budapest, nell'enorme centro smistamento dei rifugiati ucraini

Era l'agosto del 1989 quando padre Imre Kozma aprì il giardino della sua parrocchia di Zugliget a quasi 50.000 persone che arrivavano dalla Germania dell'Est. Il fondatore dei servizi di carità dell'Ordine di Malta in Ungheria da allora avrebbe visto almeno altre quattro crisi umanitarie, da quella che seguì la rivoluzione in Romania del 1991, alla guerra in Jugoslavia, fino al transito in Ungheria di centinaia di migliaia di profughi siriani che andavano verso la Germania, e oggi, quella dei rifugiati ucraini.
    "Noi aiutiamo tutti, non siamo un'organizzazione politica, siamo un servizio umanitario cristiano. Non vogliamo leggere tra righe della politica, noi diamo assistenza", spiega monsignor Kozma, oggi 82enne, nella sede dell'Ordine in Ungheria, che si trova sulle rive del Danubio, esattamente di fronte al celebre, monumentale parlamento ungherese. "Nel corso di tutti questi anni ho scritto a centinaia di deputati, ministri e primi ministri, di ogni orientamento politico. E tutti ci hanno sempre visto positivamente". Sul muro di fronte, la foto in bianco e nero della tende dei tedeschi dell'est che furono accolti dal sacerdote, che domani partirà per la Polonia, per consegnare un'ambulanza.
    E anche oggi l'Ordine si prodiga per gli ucraini che lasciano il loro paese e anche per coloro che sono rimasti in Ucraina, pur fuggendo dalle zone di conflitto. "Molti vogliono andare verso l'Europa occidentale, ma circa 2-300.000, calcoliamo, resteranno in Ungheria, perché è vicina all'Ucraina e da qui è più facile rientrare - dice Gyori-Dani Lajos, amministratore e vicepresidente dell'Ordine di Malta in Ungheria - Poi c'è circa un milione di sfollati interni in Ucraina occidentale e queste persone potrebbero arrivare, ad un certo punto".
    L'organizzazione offre aiuto a chi non ha nulla, a chi passa diretto altrove, e lavora per assistere chi vuole restare a integrarsi con sostegno a lungo termine. E non importa la nazionalità, sottolinea: "Nel 2015 c'era un'atmosfera carica dal punto di vista politico, oggi è più semplice per noi, possiamo salvare vite.
    Insieme agli ucraini sono arrivati 20.000 studenti stranieri, soprattutto africani, e i loro Paesi li hanno aiutati a rimpatriare. Chi non ha avuto sostegno dai propri Paesi, particolarmente poveri, è rimasto qui, in particolare nigeriani.
    Sono alloggiati nei collegi universitari, vengono aiutati a continuare qui i loro studi". L'Ordine offre assistenza, oltre che al confine con l'Ucraina e all'interno del Paese in guerra, anche in diversi punti del territorio magiaro, pronti ad aprire altri hotspot per chi potrebbe arrivare e per chi resta in Ungheria.
    Nel palasport chiamato Bok, al centro della capitale, si svolge l'immensa opera di registrazione, smistamento, aiuto a chi arriva qui. Medici, cuochi, volontari che aiutano sui trasporti ed anche un punto info per chi vuole cercare lavoro.
    Moltissime le donne con bambini, tantissimi i Rom, "ma la maggior parte di loro non andrà oltre, non prevedono di andare in altre nazioni", spiega Lajos. Pochi gli uomini che lasciano l'Ucraina in guerra - dai 18 ai 60 anni sono chiamati alle armi - ma tra loro c'è Gregory, originario di Kharkiv, insegnante che è giunto a Budapest dopo giorni e giorni di viaggio pericoloso.
    "Continuo a far lezione ai miei ragazzi online, non so dove sono, né sanno dove sono io. Il mio obiettivo è andare negli Usa, ma non ho idea di come fare. Ho amici a Lubbock in Texas".
    E' uscito dall'Ucraina, in particolare Odessa anche Andryj, marinaio su navi da crociera arrivato ieri in un rifugio dell'Ordine di Malta, uno dei tre a Budapest. "Ho preso la nave perché ho un contratto, e posso guadagnare per sostenere la mia famiglia, che però è là. Anche perchè non possiamo abbandonare tutti Odessa".

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