Il Nagorno-Karabakh, tra i più longevi conflitti 'congelati' del pianeta, è tornato a infiammarsi dopo gli scontri di ieri tra Erevan e Baku e oggi rischia di bruciare con intensità che non si vedeva da tempo - senz'altro dall'ultimo botta e risposta, datato 2016. La variabile nuova è il fattore Erdogan. Il presidente turco, infatti, si è schierato senza se e senza ma al fianco del musulmano Azerbaigian, definendolo un Paese "amico e fratello". L'Armenia, al contrario, è tradizionalmente sostenuta da Mosca. Insomma, questa volta il Nagorno-Karabakh potrebbe assumere le sembianze dell'ennesimo match tra il sultano e lo zar, così come già avvenuto in Siria e Libia. Il Cremlino è intervenuto e, per bocca del portavoce Dmitry Peskov, si è detto "molto preoccupato" per quanto sta accadendo nel Caucaso, chiedendo "la cessazione immediata" degli scontri. Mosca ha esortato poi alla "moderazione" tutti gli attori, esterni e interni, per far sì che si torni presto al tavolo negoziale.