La mancata calibrazione di un radar a causa di un "errore umano". Questo "l'elemento chiave", vale a dire il primo di una tragica serie di sbagli e malintesi che l'8 gennaio scorso portarono all'abbattimento da parte dell'Iran di un aereo passeggeri ucraino con l'uccisione di tutte le 176 persone a bordo. Tale, almeno, è la conclusione cui è arrivata un'indagine dell'Aviazione civile di Teheran, in attesa che nelle prossime settimane possa finalmente cominciare in Francia l'analisi delle scatole nere, il cui trasferimento all'estero era stato fin qui negato dalle autorità della Repubblica islamica.
Facendo ricorso alla politica della trasparenza, l'Iran sembra dunque cercare di mettere fine ad un caso che aveva portato a livelli di guardia la crisi di fiducia tra la popolazione e i vertici della Repubblica islamica, già scossa dalle manifestazioni per il carovita del novembre precedente, represse al prezzo di centinaia di morti. Per tre giorni Teheran aveva negato ogni responsabilità nella tragedia del volo PS-752 della Ukrainian International Airlines, decollato dalla capitale con destinazione Kiev. A bordo ben 147 iraniani, compresi una sessantina con doppia cittadinanza canadese, in gran parte studenti, docenti universitari, professionisti che tornavano in Canada dopo le vacanze natalizie in Iran. Uno spaccato significativo del successo della diaspora iraniana, e proprio le loro storie avevano contribuito ad alimentare la rabbia della popolazione, scesa in piazza per manifestazioni di protesta a Teheran e in altre città.