Si chiama Mike Ashley e se si volesse indicare il profilo di un 'vincente' della Gran Bretagna del decennio pre Brexit - quella dei peana sulla crescita del Pil e della retorica sulla meritocrazia del successo - potrebbe essere senz'altro il suo. Il profilo di un businessman rampante, capace di fare man bassa in un settore in affanno come quello del retail, su cui ora l'emergenza coronavirus proietta tuttavia l'ombra di una figuraccia nazionale.
Passato indenne negli anni fra diverse controversie, col piglio baldanzoso da re dei profitti, stavolta rischia di ritrovarsi fuori dal (nuovo) spirito dei tempi. Il fatto è che Sports Direct, mega catena britannica di grandi magazzini di articoli sportivi che rappresenta la sua gallina dalla uova d'oro, ha reagito al lockdown - l'ordine di chiusura generale annunciato infine dal primo ministro Boris Johnson per l'intero Regno, negozi "non essenziali" compresi - tentando la furbata.
Noi intendiamo stare aperti, ha fatto sapere in un primo momento il vertice aziendale in un comunicato, poiché abbiamo "un ruolo unico nell'aiutare il Regno Unito a restare in forma e in salute nei limiti del possibile". Come se vendere tute o attrezzature per il fitness fosse un'attività indispensabile, al pari delle farmacie oppure di chi fornisce alimenti di base.
La risposta della gente comune è stata prevalentemente di disgusto, con una valanga di critiche a inondare il web. E quella del governo non è stata meno rapida e irritata, a dispetto della forza economica di Ashley, delle sue donazioni politiche, del peso che gli deriva dall'aver rastrellato di recente e salvato (in parte) dal baratro storici brand della grande distribuzione, della popolarità conquistata pure nello sport dopo l'acquisto del club calcistico del Newcastle. "Non c'è alcuna ragione per la quale Sports Direct debba rimanere aperta" in questa situazione, ha tagliato corto Michael Gove, secondo vicepremier de facto della compagine di Boris Johnson. Una sconfessione bella e buona, seguita dall'imbarazzante marcia indietro della società che il patron ha fatto fare al suo direttore finanziario, Chris Wootton. Da oggi siamo chiusi, ha corretto il tiro il manager, e lo resteremo "finché il governo non ci darà un via libera esplicito". Sperando che i clienti nel frattempo dimentichino.