In Francia vince l'Europa. Di fronte al bivio tra populismo e nazionalismo da un lato e l'incerto e faticoso cammino della vecchia Europa dall'altro, gli elettori francesi scelgono la seconda strada dando fiducia a un trentanovenne nuovo della politica, fuori dagli schemi classici dei vecchi partiti e che presenta una formula politica che è un mix di dottrine liberiste moderate in economia e rivisitazioni progressiste per gli aspetti sociali.
La Francia manda a casa Marine Le Pen. Per questa volta. Ma ci sarà un' altra occasione perchè la sconfitta è, in fondo, sufficientemente onorevole e la sua presenza sta diventando "normale" nel panorama politico francese. E' quello che lei vuole e che sta ottenendo caparbiamente elezione dopo elezione.
Ma, soprattutto, la Francia di oggi manda all'Eliseo Emmanuel Macron, un giovane che è stato ministro del governo Hollande, da cui è fuggito quando ha fiutato l'aria che tirava, che ha lavorato per un banchiere come Rothschild ma che ha sempre voluto la bandiera blu dell'Europa accanto a se in qualsiasi apparizione, in piazza o in tv.
Un giovane che ha saputo rimanere saldo, freddo e consapevole di fronte alle provocazioni pesanti della Le Pen in un testa a testa finale che avrebbe probabilmente bruciato molti altri candidati.
Macron ama Picasso e Aznavour, ha una moglie più vecchia di lui di 24 anni con la quale sta insieme da quando era un ragazzo, ha un modo di parlare calmo e pacato e ha un'idea fissa: riportare la Francia a essere il punto di riferimento in Europa e rilanciare la collaborazione tradizionale con la Germania per creare un'Unione europea nuova e più forte, più coraggiosa e presente nelle tremende sfide globali di inizio millennio.
Macron sa benissimo che non potrà e non dovrà cullarsi sugli allori. Semplicemente non ne avrà il tempo.
E sarebbe bene che questo messaggio passasse velocemente anche tra le stanze ovattate, e spesso lontane dai cittadini, delle cancellerie e delle istituzioni europee. La lotta contro i populismi della pancia europea è soltanto all'inizio, i fantasmi del triste e tragico passato europeo sono pronti a rispuntare fuori in molti angoli d'Europa, forse già alle prossime legislative francesi il prossimo mese.
Quella Francia che aveva affossato la Costituzione europea con il referendum del 2005, oggi si è ricordata di essere un Paese fondatore dell'Europa, si è ricordata di Schumann e Mitterrand, di Monnet e Delors.
E' sicuramente una grande notizia quella che arriva da Parigi per tutti gli europeisti, di ieri, di oggi e di domani.
Ma è solo l'inizio della strada. C'e' molto lavoro da fare e molti problemi che i cittadini europei chiedono di risolvere: dalla crisi economica tutt'altro che finita alla solidarietà per chi non ha o cerca lavoro, dalla lotta al terrorismo alla crisi dei migranti, dalla crisi sociale dell'Europa alla costruzione di nuovi obiettivi.
In fondo il messaggio che i francesi hanno mandato all'Europa è molto chiaro. Un'altra chance, un altro atto di fiducia verso i valori e i principi europei, che devono essere confermati ma rinnovati con nuove idee e nuove speranze.
Il messaggio è questo. Sta adesso all'Europa saperlo cogliere fino in fondo.