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Gaza: la tregua tiene a fatica, Netanyahu sotto assedio

Accusato di debolezza. Tensioni con Usa per stop a nuovi missili

Con l'inizio della nuova tregua, di cinque giorni a Gaza, Benyamin Netanyahu si ritrova impegnato contemporaneamente su tre fronti. Da un lato, deve portare avanti la schermaglia al Cairo per garantire che la forte pressione militare esercitata a Gaza dia al tavolo dei negoziati i frutti politici pretesi da Israele: 'Ricostruzione della Striscia in cambio della sua demilitarizzazione'. Ma al tempo stesso il premier israeliano si trova impegnato anche sul fronte interno (con una manifestazione nella Piazza Rabin di Tel Aviv, stasera, di migliaia di israeliani del Neghev tuttora sfollati, perche' ancora insicuri nelle proprie abitazioni) e nelle relazioni con Washington, che ostenta il proprio malumore congelando qualche fornitura per l'aviazione militare.

Non meno disorientati in questi giorni i palestinesi che hanno mandato al Cairo una delegazione eterogenea guidata da un fedelissimo del presidente Abu Mazen, Azzam al-Ahmad, ma accompagnato anche da esponenti di Hamas e della Jihad islamica i quali hanno una agenda diversa dalla sua. Mentre al-Fatah (il partito di Abu Mazen) ostenta grande fiducia in Abdel Fattah al-Sisi (e dal Cairo ha fatto sapere di aver registrato notevoli progressi, in particolare per quanto concerne la riapertura dei valichi di Gaza), Hamas e le altre fazioni radicali vedono infatti nel presidente egiziano l'uomo che ha ordinato la dura repressione dei Fratelli musulmani e che mantiene per ora una chiusura quasi totale del passaggio di Rafah con la Striscia.

Inoltre il leader politico di Hamas, Khaled Meshal, non ha potuto finora raggiungere la capitale egiziana, dove la sua presenza non pare gradita. Non a caso ieri, nelle ore convulse in cui veniva discussa l'estensione della tregua, da Gaza sono stati sparati razzi verso il Neghev e la tv di Hamas mandava in onda immagini eloquenti che mostravano la ripresa della produzione a Gaza di razzi M-75, capaci di colpire Tel Aviv. Sono dunque giorni di delusione per la popolazione di Gaza - a cui Hamas ha promesso che i sacrifici del mese scorso saranno compensati dall'abolizione del blocco alla Striscia - ma anche per la popolazione israeliana del Neghev a cui l'esercito aveva detto nei giorni scorsi che la zona era ormai sicura.

Mentre subito dopo da Gaza sono piovute altre decine di razzi tanto che i portavoce militari ammettono ''un errore di valutazione''. Anche giornali che nelle settimane scorse avevano adottato una linea patriottica e militante, come Yediot Ahronot, hanno intanto mutato umore. Adesso il tabloid accusa il premier di aver mantenuto un atteggiamento supino di fronte a Hamas che, secondo un opinionista, sceglie a piacimento quando inasprire la situazione e quando allentare la tensione. E nello stesso governo, Netanyahu subisce le critiche di alcuni ministri secondo cui nelle ultime fasi del conflitto il premier avrebbe gestito la situazione in tandem col titolare della difesa Moshe Yaalon, senza consultarsi con nessun altro.

In questo clima di nervosismo sono giunte le rivelazioni del Wall Street Journal relative a un congelamento nelle forniture di missili Hellfire per l'aviazione di Israele. Stando agli analisti, si tratta di un messaggio palese d'nsoddisfazione del presidente Barack Obama e del segretario di stato John Kerry per essere stati marginalizzati nei negoziati del Cairo sulla tregua. In serata, di fronte al Gabinetto di sicurezza, Netanyahu ha cercato di sedare in parte queste tensioni. Ma a pochi isolati di distanza, nella piazza Rabin, migliaia di abitanti del Neghev gli hanno mandato a dire che finora la operazione Margine Protettivo non puo' certo dirsi un successo.

Negli arsenali di Hamas restano migliaia di razzi e la sua leadership politico-militare non e' stata messa in ginocchio. Mentre la nuova tregua di 5 giorni appare vacillante, come hanno dimostrato le sirene d'allarme delle scorse ore e le notizie di qualche scambio di fuoco d'artiglieria, seppur ora sporadico. Il futuro, visto dai kibbutz del Neghev occidentale più vicini alla Striscia, non appare affatto roseo e a settimane occorrera' provvedere alle iscrizioni per il prossimo anno scolastico: cioe' decidere se vivere anche nei prossimi mesi sotto la minaccia dei mortai e dei tunnel dei miliziani palestinesi, oppure cercare respiro altrove.

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