Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Una fragile pace

Una fragile pace

26 settembre 2022, 17:44

Redazione ANSA

ANSACheck

 Che le cose non vadano poi così male ne è convinto pure il colonnello Maurizio Mele. Su, a Mitrovica, i suoi Carabinieri fanno la guardia al ponte storico, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il traffico veicolare è proibito, quello pedonale incoraggiato: da una parte i minareti, dall’altra i campanili (e il tricolore serbo). Il via vai è continuo e tranquillo. «Chi abita nella parte albanese va a nord a mangiare al ristorante, chi sta nell’area serba va a sud a fare le compere: qui a luglio non è successo niente, i disordini sono avvenuti più in su» dice Mele. «I ragazzi, in particolare, vivono ormai oltre queste divisioni. Li vedi insieme. Il loro cruccio, comune, è la mancata abolizione dei visti: vorrebbero andare a Londra e Parigi per il weekend, come in tutto il mondo». Le pattuglie dei Carabinieri, come i militari del KFOR, problemi particolari non ne hanno. «Sanno che siamo imparziali, sanno che siamo noi la garanzia della loro libertà di movimento» assicura.

   Eppure, nonostante la calma apparente, le tensioni non mancano. Poco più a nord, sulla strada che porta a Brnjak, una pattuglia di KFOR monta la guardia davanti a a un cartellone pubblicitario dove è comparso un graffito inquietante: «Non temete, siamo qui e aspettiamo» recita la scritta. A firmare è la «Brigata del Nord». Chi sia celi dietro, non è chiaro. «Potrebbe essere un gruppo paramilitare» spiega una fonte d’intelligence americana. «Ma potrebbe anche non esistere e trattarsi solo di pressione psicologica, tanto per tenere la popolazione locale sulle spine». Quel desiderio di vita normale e integrazione che ormai va dilagando non è gradito nelle municipalità a maggioranza serba. «Un paio di autovetture che avevano optato per la targa kosovara sono state bruciate: purtroppo la gente qui ha paura di adeguarsi» spiega ancora la fonte. Inoltre, appena passato il ponte di Mitrovica, è impossibile non notare il diluvio di ‘Z’ disegnate sui muri, sui cartelli stradali, ai crocicchi. Il simbolo dell’operazione «militare speciale» decisa da Putin, definito da molti osservatori come una sorta di nuova svastica, suona come un tetro avvertimento.

   Ecco perché la NATO non molla la presa. «Sono lieto che la situazione sul campo sia migliorata dopo le tensioni di agosto. Ora è importante evitare una nuova escalation: la violenza non ha posto nella regione» dichiara all’ANSA il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg. «KFOR rimane vigile ed è pronta a intervenire se la stabilità dovesse essere messa a rischio. Poiché l'Europa si trova ad affrontare la peggiore crisi di sicurezza degli ultimi decenni a causa della guerra della Russia contro l'Ucraina, è ancora più importante che Belgrado e Pristina si impegnino in buona fede: il dialogo facilitato dall'Ue tra Belgrado e Pristina è l'unica via per una pace duratura» aggiunge. Già, la guerra in Ucraina è senz’altro un fattore di preoccupazione ulteriore. Il presidente serbo Aleksander Vucic, intervenendo all’assemblea generale delle Nazioni Unite, ha criticato l’occidente per i suoi doppi standard. «Non capisco perché l’integrità territoriale dell’Ucraina vada rispettata e invece quella della Serbia no», ha detto nel suo discorso. Mosca, dal canto suo, cita spesso il Kosovo come “peccato originale dell’Occidente” e ha motivato la sua scelta di scendere in campo nel Donbass, dalla parte dei separatisti filorussi, sulla base di «ragioni umanitarie», per evitare un «genocidio». Poco importa se il contesto è totalmente diverso. Il Cremlino, nel plasmare la sua narrazione, ha cercato echi col Kosovo e la campagna militare della NATO del 1999. Al contrario.

   «Mosca ha dimostrato più volte che i Balcani sono un ambiente favorevole per reagire contro gli Stati Uniti e l'Unione Europea» analizza Paul Stronski, del programma Russia ed Eurasia del Carnegie. «Le ampie fratture etniche, politiche e sociali della regione, insieme al diffuso disincanto per la lentezza dell'integrazione euro-atlantica, creano facili opportunità per la Russia di sconvolgere l'ordine europeo post-Guerra Fredda». «Sebbene Mosca sia rimasta in disparte durante la recente crisi, la retorica incendiaria dei funzionari russi ha inutilmente aggravato il livello generale di tensione. Allo stesso tempo, le narrazioni autocelebrative del Cremlino e il sostegno dei serbi medi a Vladimir Putin come contrappeso all'Occidente rendono la vita complicata a Usa e Ue» continua. «Il rapporto di Vucic con Putin è da tempo complicato e spesso asseconda il sentimento interno filo-russo per i propri scopi politici».

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza