La Direttiva europea sui servizi
2006/123 è applicabile all'affitto a breve termine di alloggi
tramite piattaforme online come Airbnb. Le autorità nazionali e
cittadine possono quindi attuare misure "proporzionate e non
discriminatorie" che regolino l'accesso a questi servizi. Ad
esempio, la carenza di alloggi ad uso residenziale può
giustificare, in quanto motivo prioritario d'interesse generale,
l'obbligo per i proprietari di ottenere un'autorizzazione
comunale all'affitto dei locali. Lo sostiene l'avvocato generale
della Corte di giustizia Ue, Michal Bobek, nelle conclusioni di
una causa che vede due proprietari opporsi al Comune di Parigi.
A seguito di un'indagine nel 2015, i proprietari - che
avevano affittato gli alloggi su Airbnb senza autorizzazione -
erano stati condannati al pagamento di una multa e a
riconvertire i beni a uso abitativo. La Corte di cassazione
francese ha chiesto ai giudici europei di chiarire se rientri
nel campo di applicazione della direttiva Ue sui servizi una
normativa come quella parigina, che obbliga i proprietari di
alloggi ammobiliati a ottenere un'autorizzazione per poterli
affittare per brevi periodi.
Secondo l'avvocato generale, la direttiva è applicabile e
consente l'introduzione di regolamenti nazionali e municipali
"giustificati da motivi d'interesse generale". Le conclusioni
dell'avvocato non vincolano la sentenza della Corte, ma spesso
ne anticipano i contenuti.
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