Appena è stata pronunciata la
parola "pensioni", in Francia è risalita la temperatura della
contestazione sociale. Come aveva promesso in Parlamento il
premier François Bayrou per evitare la sfiducia, la
contestatissima riforma di Emmanuel Macron per portare da 62 a
64 l'età minima per lasciare il lavoro è di nuovo in
discussione. Il governo ha stabilito una durata di "conclave" di
3 mesi per consentire alle parti sociali di sedersi attorno ad
un tavolo, pur con uno stretto margine di manovra per negoziare.
L'obiettivo, che ai contestatori dell'iniziativa sembra
soltanto di facciata, sarebbe che sindacati e imprenditori
arrivino "entro fine maggio" ad un accordo per eventuali
modifiche. Il tutto "senza alterare l'equilibrio finanziario del
sistema delle pensioni". Ad inasprire ancora di più i termini
della discussione, Bayrou ha inviato alle parti sociali una
lettera alla vigilia della riapertura del dibattito per invitare
tutti a "ripristinare l'equilibrio finanziario" del sistema
pensionistico entro il 2030. Un'esigenza giudicata quasi
impossibile da soddisfare da tutti i convenuti, e frontalmente
respinta dal sindacato Force Ouvrière (Fo), che ha abbandonato
il tavolo ancora prima dell'inizio di quella che ha definito
"una farsa". "Il loro posto resta a disposizione", ha fatto
sapere il governo. Ma intanto, sindacati e partiti di sinistra
sono tornati a chiedere a gran voce la pura e semplice
"abrogazione" della riforma, approvata fra grandi contestazioni
e manifestazioni di piazza nel 2023. Per gli altri sindacati,
posizioni per ora attendiste, con la sigla più importante, la
Cfdt, che vede nell'iniziativa "una vera opportunità". Al
contrario, la Cgt ha già lanciato un appello "alla mobilitazione
per l'abrogazione" per l'8 marzo. François Bayrou, in
un'intervista a Le Figaro, ha detto che nel caso di un "blocco"
delle discussioni, "una soluzione potrebbe essere il referendum"
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