"Per quanto concerne l'intonazione
della manovra, non possiamo non rilevare come essa, in alcuni
passaggi, appaia troppo intrusiva nelle dinamiche d'impresa",
rileva il direttore generale di Confindustria, Maurizio
Tarquini, in audizione sulla manovra di fronte alle commissioni
riunite Bilancio di Camera e Senato. E spiega: "Ci riferiamo
soprattutto alle disposizioni che introducono per società, enti,
organismi e fondazioni che ricevono contributi a carico dello
Stato l'obbligo di integrare la composizione del collegio di
revisione o sindacale con un rappresentante del Mef. In sede di
prima applicazione, la soglia di significatività dei
'contributi' è fissata in 100 mila euro annui. Una previsione
analoga, sebbene dall'ambito applicativo ancor più dubbio,
impone un tetto ai compensi degli amministratori pari al 50% di
quello che spetta al primo presidente della Corte di
Cassazione".
Per Confindustria "l'imposizione di un sindaco o revisore di
nomina ministeriale all'interno delle imprese presenta almeno
due ordini di problemi: è una misura del tutto sproporzionata e
che denota un'eccessiva diffidenza verso le imprese; non
considera che le principali norme di incentivazione sono già
soggette a forme di monitoraggio, che spesso comportano oneri
molto significativi a carico delle imprese stesse".
Tarquini sottolinea quindi "la necessità di eliminare questa
misura" e rimarca: "Giova ricordare che già all'epoca della
redazione del codice civile del 1942 il legislatore abbandonò
l'opzione di imporre un membro di nomina pubblica all'interno
degli organi di controllo societari: farlo oggi significherebbe
contravvenire a qualunque logica moderna di governance
capitalistica, orientata a principi di mercato".
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