(ANSA) - ROMA, 25 GEN - Nel focus l'Istat ha voluto
"focalizzare alcuni aspetti connotativi del Piano per
ricostruire una mappa, mirata e necessariamente parziale, dei
divari interni all'Italia, ponendo al centro dell'attenzione 'lo
snodo' del Mezzogiorno".
Dai dati emerge "la vischiosità e ampiezza dei ritardi del
Mezzogiorno rispetto al resto del paese, i quali si ripropongono
malgrado una lunga storia di interventi per lo sviluppo e la
coesione". Gli indicatori evidenziano "gap importanti nel valore
della ricchezza prodotta, del livello d'istruzione, del tasso di
occupazione dei giovani. Ne derivano nuovi fenomeni migratori
che restano una costante irrisolta e - a differenza dal passato
- una minaccia per il futuro di gran parte del Mezzogiorno",
spiega l'Istat. "Anche in ragione di importanti interventi in
atto, gli scarti sembrano ridursi sul fronte delle
infrastrutture, a partire dalla digitalizzazione e in parte
sull'efficientamento delle reti idriche, anche se - su questo
fronte - le tendenze appaiono discontinue e in taluni casi
localizzate, e contestuali a un certo arretramento di alcune
aree del Centro-Nord".
Questi fenomeni, evidenzia l'Istat, "impattano sulla
struttura demografica", con il delinearsi del "rischio di un
eccessivo impoverimento demografico del Mezzogiorno. Fra il 2011
e il 2020, la popolazione residente in queste aree ha fatto
registrare per la prima volta un calo (-642mila abitanti;
+335mila nel Centro-Nord) dovuto a un saldo naturale divenuto
negativo e alla ripresa dei flussi migratori. A tendenze
invariate nel 2030 i residenti in questi territori scenderanno
per la prima volta sotto la soglia critica dei venti milioni di
abitanti, con una riduzione su base decennale di circa 4 volte
rispetto al Centro-Nord (-5,7% e 1,5%)".
La perdita di popolazione si concentra soprattutto nelle
fasce d'età più giovani nel Mezzogiorno, evidenzia l'Istat,
aggiungendo che "ciò potrebbe determinare il venir meno della
funzione di serbatoio di popolazione attiva, assolta nel tempo
da queste regioni a supporto delle aree più sviluppate del
paese. Inoltre, si avrebbe un effetto negativo sulla capacità di
creare reddito (data la contrazione di forza lavoro), un aumento
dei bisogni di cura degli anziani, una contestuale riduzione
della domanda di altri servizi pubblici e privati per la
componente giovanile (educativi, ludico-ricreativi) e una
tendenziale caduta del gettito fiscale, necessario per
finanziare il welfare locale". (ANSA).