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Lupo Rattazzi, Gianni Agnelli coraggioso nei folli anni '70

A 20 anni dalla morte intervista all'Ansa del figlio di Susanna

(ANSA) - TORINO, 21 GEN - "Essere a capo di una fabbrica di automobili negli anni '70 era davvero complicato. L'Italia era un Paese folle, imperavano la cultura antindustriale e il terrorismo. Non arrendersi è stata un'impresa notevole. Mio zio ha avuto il coraggio di non abbandonare una partita che sembrava impossibile vincere". Sono le parole di Lupo Rattazzi, il figlio di Susanna Agnelli, sorella di Gianni. Il presidente della compagnia aerea Neos, in passato nei board di Exor e di Alpitour, ricorda, in un'intervista all'ANSA, lo zio, l'Avvocato Gianni Agnelli, scomparso vent'anni fa, il 24 gennaio 2003.
    "Era un personaggio unico. In questi giorni circolano sui social, in particolare su Instagram, alcune interviste mitiche, come quella di Minoli. Si risentono le sue battute indimenticabili", dice Lupo Rattazzi. "Ho un ricordo molto vivo.
    Con i nipoti più giovani non si comportava come uno zio, ma come un amico. Gli piaceva stare con i giovani, avevamo la sensazione di avere un rapporto con un nostro coetaneo perché era giovanile, esuberante. Non saliva mai in cattedra. Voleva essere amabile, metteva tutti a proprio agio. Mi ha insegnato il buon gusto, a non approfittare mai della propria posizione, il fair play".
    Rattazzi parla dei rapporti dell'Avvocato con la famiglia.
    "Per la moglie Marella aveva un grande rispetto, erano una squadra. Su Edoardo ha ammesso che il suo è stato un fallimento.
    Margherita? Ha disonorato la sua memoria. Ha ereditato molto dal padre, ma di certo non lo stile, la classe e l'eleganza". A John Elkann riconosce il merito di avere saputo raccogliere l'eredità del nonno, ma anche le sue intuizioni: "Gianni Agnelli aveva capito che in Europa sarebbero rimasti pochi costruttori.
    E John lo ha ascoltato e ha fatto in modo che la Fiat, oggi Stellantis, potesse avere un ruolo da protagonista". (ANSA).
   

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