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Istat: oltre 1 su 4 a rischio povertà

Istat: oltre 1 su 4 a rischio povertà

In 2015 tocca il 28,7% dei residenti (era il 28,3% l'anno prima)

ROMA, 09 marzo 2017, 17:03

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Le ultime stime rese note dall'Istat a dicembre parlano di un Paese in cui oltre uno su quattro, il 28,7% delle persone residenti in Italia, nel 2015 è "a rischio di povertà o esclusione sociale". Si tratta di una quota "sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%)". Il risultato è sintesi di "un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 12,1% a 11,7%)". Resta invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%)". 

Nel 2015 in termini assoluti in Italia l'Istat stima in 17 milioni 469 mila le persone a rischio povertà o esclusione sociale. Numeri che vedono gli obiettivi prefissati dalla Strategia Europea 2020 "ancora lontani". Entro il 2020, infatti, l'Italia dovrebbe ridurre gli individui a rischio sotto la soglia dei 12 milioni 882 mila. Oggi la popolazione esposta è invece "superiore di 4 milioni 587 mila unità rispetto al target previsto". 

Quasi 1 su 2 ovvero quasi la metà dei residenti nel Mezzogiorno risulta a rischio povertà o esclusione sociale. Nel 2015 la percentuale di esposizione nell'Italia meridionale è pari al 46,4%, in rialzo sul 2014 (45,6%) e notevolmente maggiore rispetto alla media nazionale (28,7%). Al Centro, infatti, la soglia si ferma al 24% e al Nord al 17,4%. "I livelli sono superiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno, con valori più elevati - spiega l'Istat - in Sicilia (55,4%), Puglia (47,8%) e Campania (46,1%).

In Italia inoltre la metà delle famiglie residenti può contare su un reddito netto non superiore a 24.190 euro, ovvero a 2.016 euro al mese, valore anche in questo caso "sostanzialmente stabile" rispetto all'anno precedente. La novità però è il fatto che il reddito familiare in termini reali interrompe "una caduta in atto dal 2009, che ha comportato una riduzione complessiva di circa il 12% del potere d'acquisto delle famiglie". 

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