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Nodo debito Grecia. Negoziato con Ue parte in salita

Eurogruppo, no a cancellazione. Draghi, tasse Atene sotto media

Il giorno dopo la vittoria di Syriza in Grecia l'Eurozona si trova, per la prima volta, a dover fare i conti con un futuro diverso da quello che aveva immaginato per Atene: il nuovo Governo non è più disposto ad accettare aiuti in cambio di sacrifici, e chiederà un'altra soluzione per il suo debito. Se Tsipras non ha ancora chiara la strada da percorrere a Bruxelles, l'Eurogruppo è invece ben cosciente dei paletti che Atene non potrà superare: no ad una conferenza sul debito e alla sua cancellazione, e nemmeno ad eccezioni alle regole di Eurolandia. Sì - se completerà il programma attuale facendo le riforme che mancano - ad una sorta di ristrutturazione del debito come quella concessa a Samaras nel 2012 con un allungamento delle scadenze e una revisione dei tassi, a cui Berlino si dice aperta.

"Non vedo sostegno per una cancellazione del debito, abbiamo fatto già tanto per alleviarne il peso, allungando le scadenze e agendo sui tassi, siamo pronti a discutere con il nuovo governo ma lavorare con l'Eurozona significa accettarne tutte le condizioni", ha detto il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem disposto anche, "se necessario", a discutere della sostenibilità del debito. Però, avverte, non prima di aver visto il lavoro della Troika completato, ovvero la quinta revisione del programma di aiuti che non è mai finita, congelata in attesa delle elezioni. La fine del lavoro della Troika è anche il presupposto per continuare ad avere l'appoggio della Bce. Il presidente Mario Draghi ha già detto che senza programma non c'è garanzia di liquidità Bce, quindi niente QE. All'eurogruppo ribadisce che "senza un'accelerazione delle riforme il programma di acquisti della Bce non avrà un impatto duraturo sulla crescita". E oggi ricorda ai greci che la loro situazione sul fronte tasse non è così drammatica: "La pressione fiscale, contributi sociali inclusi, al 34,2% nel 2013, era ben al di sotto della media sia dell'Eurozona che dell'Ue a 28". L'attuale programma di aiuti, già prorogato una volta, scade il 28 febbraio. L'auspicio Ue è che Atene chieda una nuova proroga, che sarebbe concessa senza batter ciglio in cambio del proseguimento delle riforme. L'estensione le garantirebbe la liquidità necessaria ad onorare le prossime scadenze sul suo debito: il 20 luglio deve rimborsare alla Bce 3,5 miliardi di euro e il 20 agosto 3,2. Dopo il completamento del secondo programma, l'Ue potrebbe ragionare su un terzo programma o su una linea di credito agevolata, discorsi già nell'aria prima delle elezioni ma che ora potrebbero cadere nel vuoto o scontrarsi con le intenzioni battagliere di Tsipras. Se la Grecia si trovasse scoperta dal programma di aiuti, non potrebbe nemmeno contare sull'Emergency Liquidity Assistance della Bce che dà liquidità alle banche, su cui contano gli istituti greci: dopo il 28 febbraio sarebbe l'unico modo di finanziamento perché i titoli greci non sarebbero più validi per operazioni di finanziamento normali. La strada di una proroga dell'attuale programma, sembra la sola percorribile al momento. Darebbe anche più tempo alla Grecia per pensare ad una eventuale ristrutturazione del debito, che l'Europa sarebbe disposta a discutere: l'Irlanda lo ha già fatto con successo varie volte - ricorda il ministro delle finanze Michael Noonan, secondo cui Atene dovrebbe seguire la stessa strada. Anche perché gli altri Paesi ex programma - Irlanda, Cipro, Spagna e Portogallo - non accetterebbero condizioni di favore a cui loro non hanno avuto accesso.

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