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Davos: meno fiducia su crescita. Ceo italiani, fisco è snodo

I top manager a sperare nella crescita dell'economia mondiale sono sempre meno.

I top manager a sperare nella crescita dell'economia mondiale sono sempre meno. Il mondo si è nuovamente inchiodato. Tra i 1.322 top manager che hanno risposto al tradizionale sondaggio PwC, che dà l'avvio alle giornate del Wef di Davos, la percentuale degli ottimisti è diminuiti rispetto ad un anno fa. E' scesa dal 44% al 37%. Peggio ancora in Italia. Tra i 50 Ceo che hanno risposto a PwC gli ottimisti all'inizio del 2014, erano al 43%, in linea con le aspettative dei loro colleghi. Ora invece solo il 27% crede nella crescita.


Il World Economic Forum si prepara così ad ospitare un plotone di finanzieri e industriali che appare meno fiducioso sulla forza della ripresa rispetto ad un anno fa. Timore che - rileva il survey di Pwc - non riguarda tutti. In India c'e' un 62% di Ceo che prevede un maggior fatturato nei prossimo 12 mesi. Negli Usa ci si ferma al 46%. In Europa non si va oltre il il 36% dei manager britannici, il 35% di quelli tedeschi, il 23% di quelli francesi e il 20% degli italiani. I top manager dell'Italia non lanciano però solo segnali di preoccupazione. L'80% ritiene che il 2015 sarà migliore del 2014. E, ancora di più, c'è una importante inversione di tendenza sull'occupazione e sul lavoro, che poi è uno degli snodi che interessa di più famiglie e imprese, che di più ha impegnato e impegnerà la politica alla ricerca di ricette. Sarà l'effetto Jobs Act? Impossibile dirlo, spiegano gli esperti che hanno curato il survey. Ma il 36% dei Ceo italiani intervistati dal PWc valuta un aumento dei numero di dipendenti per i prossimi 12 mesi. Magari tra loro c'è l'Ad Fca, Sergio Marchionne, che ha annunciato assunzioni a Melfi. Ma un anno fa la percentuale era decisamente più bassa, al 26%.


La ricetta che i top manager forniscono a chi governa il Paese indica chiaramente quali sono i nodi da affrontare. L'89% degli intervistati chiede un sistema fiscale più efficiente e ritiene che sia la priorità chiave da dare al governo. C'e' poi il nodo dell'accesso al capitale a condizioni competitive, indicato dal 38%. Fortissima anche la richiesta di infrastrutture digitali: in Italia riguarda il 60% dei Ceo interpellati, contro il 28% dei loro colleghi del resto del mondo. Un indicatore del ritardo che il Paese ha accumulato su questo fronte. ''I Ceo italiani - spiega Nicola Anzivino di PwC - sanno di doversi adattare ai grandi cambiamenti della tecnologia e dei mercati e che devono mettere la tecnologia al centro del proprio business model per creare valore ai clienti''. Una chiave di lettura delle sfide da affrontare la forniscono anche i ''timori'' dei Ceo. Nel mondo a preoccupare e' la ''sovraregolamentazione'' (78%), seguita dalla disponibilità di competenze chiave (73%). Da noi invece spaventa il 78% dei top manager la capacità del governo di gestire deficit e debito (79%), seguita dai rischi geopolitici (76%) e poi da quello appare proprio l'incubo notturno dei manager italiani: le tasse. Il 71% teme infatti l'arrivo di un nuovo aggravio fiscale.

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