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In evidenza
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(di Paolo Petroni)
ABRAHAM B. YEHOSHUA, IL TERZO TEMPIO
(EINAUDI, PP. 88 - 14,00 EURO - TRADUZIONE DI SARAH PARENZO).
Yehoshua è scomparso poco più di un anno fa, il 14 giugno 2022,
mentre era appena arrivato nelle librerie israeliane questo suo
ultimo lavoro, praticamente un testo teatrale, ma che l'autore
definisce una "novella in forma di dialogo", e già in questa
scelta è insita l'idea di conciliazione e di uscire dalle
posizioni integraliste che minacciano il futuro del suo Paese.
Così è stato facile per alcuni definire queste pagine il
testamento dello scrittore che però tale dialogo ha proposto da
sempre, seguendo quel fondamento di stato laico che ha permesso
a Israele di guardare sempre avanti, lottando con le forze della
reazione e dell'integralismo irrazionale che pure in questi anni
pare abbiano trovato il sostegno di una maggioranza arrogante,
che sembra voler spaccare l'unità del Paese e mettere a rischio
il suo futuro.
Qui, la voce della ragione è affidata a una donna combattiva,
Esther Azoulay, cui le rigide regole religiose tradizionali
hanno rovinato la vita e l'amore, grazie all'inganno del rabbino
Eliahu Modiano, colto e dal fascino intellettuale, che le ha
sfruttate a vantaggio della propria possessività e probabilmente
gelosia, dopo che lei, sin da ragazzina, gli era stata affidata
dal padre. È lei, che portando la propria denuncia davanti al
Tribunale rabbinico di Tel Aviv, nella persona del rabbino
Nissim Shoshani, a un certo punto arriva a parlare del Terzo
Tempio, quello che gli ebrei, secondo un mito messianico,
pregano venga ricostriuto al più presto nello stesso luogo in
cui sorgeva il secondo, quello distrutto dai romani e di cui
resta solo il cosiddetto Muro del pianto, sotto la spianata
delle Moschee sacra all'Islam e adiacente alla sacra chiesa
cristiana. Per questo Esther dice: "Tutti sappiamo che non si
può costruire senza incendiare il mondo con una terribile guerra
con le due grandi religioni nate dalla nostra che hanno
costruito una chiesa e una moschea sulle rovine del nostro
Tempio". E attraverso di lei Yehoshua propone allora che il
Terzo tempio venga costruito senza distruggere chiesa e moschea,
anzi "che cerchi di abbracciarle" situandolo "modesto, umile,
fuori delle mura, tra la tomba di Assalonne e la valle della
Geenna, senza minacciare alcun altro luogo sacro... e gli inni e
i canti faranno sì che i nostri morti risorgano a nuova vita.
Perché i nostri morti sono fin troppi".
Una visione pratica e una religiosa ideologica e politica
nella calda realtà odierna israeliana che mostrano come queste
pagine siano in realtà una sorta di conte philosopique. Se si
segue infatti la lettura che ne fa chi ha vere conoscenze della
cultura e della tradizione ebraica e della Torah, della teoria e
della prassi, si scoprono mile allusioni sacre e letterarie. Il
centro del racconto è comunque il fatto che Modiano, che aveva
maturato per lei una forte attrazione trattenuta, l'avesse
convinta a convertirsi all'ebraismo facendo così che, da agunà,
ovvero donna convertita non potesse più sposare certe categorie
di persone, tra cui uno di famiglia di sacerdoti, quale era il
suo promesso sposo David Mashiah, che altrimenti avrebbe perduto
tutte le sue prerogative, compreso il diritto a pregare e
svolgere riti appunto nel Terzo tempio.
Il discorso è complesso, ma Yehoshua senza dimenticare
risvolti umani lo riporta anche nel quotidiano, sa costruire una
storia, vi aggiunge sale raccontando di rivalità e ambizioni dei
vari rabbini coinvolti, che da una condanna di Modiano avrebbero
dei vantaggi, e è sempre attento ai particolari così che la
lettura sia intrigante anche senza cogliere tutto quel che vi è
dietro, se persino il fatto che il rabbino Shoshani vada alla
fine, su invito della moglie, a comprare normalmente frutta e
verdura pare rimandi a una famosa poesia di Yehuda Amichai in
cui, con simili acquisti si allude al passaggio dal tempo
messianico al tempo della normalità. Un tempo della normalità
che lo scrittore ha sempre sperato si potesse creare anche nella
Israele di oggi.
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