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Nel presepe di vetro riflessi di storia

GEMMA ED.

Nel presepe di vetro riflessi di storia

E poi si tinge di giallo a Roma sotto la grande nevicata del '56

ROMA, 19 novembre 2021, 10:26

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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BRUNO TOBIA, ''IL RESTAURATORE DI VETRI'' (GEMMA ED. pp. 278 - 18,00 euro) - Al centro de ''Il restauratore di vetri'' c'è un ricco e raffinato presepe di vetro di Murano meraviglioso per riflessi e colori composto di duecentocinquantacinque pezzi, realizzato a metà Cinquecento come dono della Serenissima Repubblica di Venezia per il duca di Parma e Piacenza Pier Luigi Farnese. Ha un impianto particolare, potremmo dire derivato dalla tradizione napoletana, che prevedeva nella parte inferiore della scena della Natività anche un Giudizio universale con, da una parte, i salvati e, dall'altra, i dannati.
    Preziosa come quest'opera è la scrittura di questo romanzo dai connotati storici per lettori che amino l'abilità nell'usare la lingua e le parole, non per stupire, ma per rendere ricco il racconto. Quello di Bruno Tobia, docente universitario di storia e oggi riconosciuto fotografo, è un esercizio di stile e bravura di chi lavora su una scrittura potremmo dire visiva, tutta descrizioni minuziose di personaggi, oggetti e paesaggi che prendono vita da un cesello, un mosaico di particolari e notazioni che costruisce per accumulo, per arrivare a rendere il colore di un'epoca e pian piano vero, vivo e coinvolgente ciò di cui parla. Si vedano innanzitutto i ritratti dei protagonisti come, solo per fare uno dei tanti esempi, una passeggiata per il centro di Roma sotto la neve.
    Il meraviglioso, prezioso e delicato presepe lo ritroviamo poi a Napoli nel 1799, nel periodo della Repubblica partenopea, dove è oramai ridotto a centossessantaquattro pezzi che vengono sequestrati dal capitano Bellier per condurli in Francia.
    Quindi, di quadro storico in quadro storico, a Roma verso metà Ottocento sotto il pontificato di Gregorio XVI, dove è riuscito a entrarne in possesso il principe Domenico Orsini che praticamente subito lo perde, frantumato da una pioggia di pietre e calcinacci nel suo palazzo per un violento terremoto da cui si salva solo il gruppo centrale della Sacra Famiglia, col bambinello a parte conservato in un astuccio di pelle rossa, da aggiungere al momento giusto, alla fine, come alla fine comparirà con un suo senso in questa storia. Sarà suo nipote Matteo Orsini, preda della febbre del gioco a Montecarlo, che venderà lo stupendo pezzo alla viglia dello scoppio della Grande Guerra. In un mondo che sta crollando e cambierà profondamente, non c'è più evidentemente necessità di possedere e perdersi nella bellezza, come per esempio fa ancora Edmondo De Amicis in un altro momento di mutamento storico, entrando a Roma con i bersaglieri da Porta Pia, il quale, appena può, si reca a palazzo Orsini per vedere quel che resta del favoloso presepe.
    Queste prime 60 pagine sono, per certi versi, solo il prologo della parte principale del racconto che si svolge a Roma nel febbraio del 1956, quando sulla Capitale cadde per giorni una storica e abbondantissima nevicata e i nobili personaggi del passato sono oramai sostituiti da gente comune. Popolani come il pescivendolo di Campo de' Fiori Luigi Salvi, detto Er Calamaro (e la descrizione dell'autore ci fa capire il perché) che vive con la anziana madre e si ama con la tabaccaia Ada. O Eugenio Nardi, di origini borghesi milanesi, andato via di casa, poi partigiano dopo l'8 settembre quando conosce un maestro di Murano che gli rivelerà i segreti della propria arte, facendolo diventare un bravo e ricercatissimo restauratore di vetri antichi, quello che dà il titolo al romanzo anche se vi appare per poche pagine, finendo subito male.
    E il romanzo, dagli sfondi veri sin nei particolari, storici o di cronaca, ma con personaggi di fantasia, qui vira al giallo, con tanto di commissario Rinaldi a indagare su una serie di figure e con sempre Roma in primo piano, personaggio anch'essa, amata e descritta con sapienza colta e partecipazione, sempre con l'occhio di chi sa cogliere il valore di una voluta di marmo o di una precisa prospettiva, senza perdere di vista l'insieme.
   
   

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