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I perseveranti di Maurizio Maggiani

Feltrinelli

I perseveranti di Maurizio Maggiani

160 anni di delusioni, mai vinti e perciò eternamente giovani

ROMA, 03 novembre 2021, 09:56

di Paolo Petroni

ANSACheck

Maurizio Maggiani, L 'eterna gioventù - RIPRODUZIONE RISERVATA

Maurizio Maggiani, L 'eterna gioventù - RIPRODUZIONE RISERVATA
Maurizio Maggiani, L 'eterna gioventù - RIPRODUZIONE RISERVATA

MAURIZIO MAGGIANI, ''L'ETERNA GIOVENTU''' (FELTRINELLI, pp. 282 - 18,00 euro)

Perseveranti, quei perdenti che però non cedono mai, eternamente giovani nel racconto degli altri, sono i personaggi sempre raccontati da Maggiani, da Saverio del ''Coraggio del pettirosso'' a Giacomo de ''La regina disadorna'', da lo sposo de ''L'amore'' sino a Garibaldo o la Canarina e l'Artista di quest'ultimo romanzo, che è dedicato dall'autore proprio ''ai perseveranti'', ed è come se di tutti gli altri tirasse le fila.

Dalla spedizione dei Mille, cui Armando ragazzino, poi detto per sempre Garibaldo, a Quarto parteciperà perché, buttatosi spavaldamente in acqua, verrà issato a bordo del piroscafo proprio da Garibaldi stesso, che da allora seguirà sempre, sino a Caprera e si innamorerà di Esfir, principessa russa in fuga dalle persecuzioni dello Zar, si arriva al suo bis bis nipote Menin e al crollo del Ponte Morandi di Genova. Sono 160 anni di storia italiana, raccontati attraverso una dinastia di perseveranti, di ribelli ostinati nel perseguire il proprio sogno, nel restare fedeli a un'ideale, nonostante la storia non faccia che perseguitarli e disilluderli. Del resto ''Noi non ci vergogniamo dell'amore'' è una delle prime affermazioni di questa famiglia di ''scontrosi e impertinenti'' che se si vergognano di qualcosa è di essersi comportati male e aver dato dolore agli altri, come capita a Saverio, detto l'Artista, che è poi, usando il noi, il narratore di questa epopea famigliare dal carcere di Marassi dove è rinchiuso. Dopo il Garibaldo, il vero filo rosso di questa storia corale, ma in cui gli individui hanno loro precise, raccontate vicende e identità, è la figlia di questi, chiamata Anita e detta la Canarina, nata col secolo nel 1901, che avendo sempre qualcosa di importante da fare, è come riuscisse a rinviare la propria morte sino a 117 anni diventando ''l'essere umano più antico del mondo''.

E' l'emblema del gesto anarchico di chi tiene la vita nelle proprie mani e vuole sia libera da ogni potere, contro cui ognuno finisce per lottare, sempre cantando e dando il suo individuale apporto a una rivolta collettiva in nome di una vita e un mondo un po' migliori. E c'è sempre la speranza, col giovane Menin che forse vedrà tempi migliori, dopo anni duri. E accanto a questi semplici eroi del quotidiano che la letteratura rende veri anche se inventati, Maggiani fa vivere personaggi significativi e importanti, da Garibaldi all'anarchico Bresci, a Carlo Tresca, anarchico emigrato e impegnato nelle lotte dei lavoratori americani, o Franco Serrantini ucciso da una carica di polizia nel 1972 mentre manifestava conto il Msi, ma anche altri, dimenticati, di cui recupera le storie singolari come Pierino Pesce, ucciso a vent'anni dai fascisti nel 1923, sino a Sandro Pertini, figura esemplare di perseverante contro ogni ingiustizia. E lo stesso vale per le loro vicende private collegate a avvenimenti storici come i moti del 1898, l'uccisione a Monza del Re Umberto I nel 1900, lo sciopero dei lavoratori tessili in America nel 1934, la resistenza antinazista e così via (come spiegano anche alcune Note storiche in appendice a cura di Giorgio de Vecchi e Marco Fossati), passando da Genova alla Russia zarista, dal Rio Grande in Sud America alle vie e fabbriche di New York. A proposito di questo ''L'eterna gioventù'', si è fatto un riferimento a Garcia Marquez e Maggiani, che ha lavorato con più realismo, una bella fantasia e meno magia, ha confessato di averlo cominciato a scrivere fresco si rilettura di ''Cento anni di solitudine''. Ma la forza di queste pagine è nella scrittura, in un andamento affabulatorio sentito grazie all'aggettivazione ricca e che rende viva la pagina senza far colore e tantomeno retorica, con quel noi che rivolgendosi al lettore è come lo comprendesse, rendendolo subito testimone partecipe di una memoria che trova il suo senso nelle parole che non la fanno andare perduta. 

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