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Sermonti, leggere l'Eneide oggi

Sermonti, leggere l'Eneide oggi

Siamo tutti discendenti del migrante Enea, in un audiolibro

ROMA, 08 luglio 2019, 10:37

di Paolo Petroni

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 TRADOTTA E LETTA DA VITTORIO SERMONTI' (Emons Edizioni, due Cd Mp3 19,90 euro) Scappa dalla guerra, da Troia distrutta dall'esercito greco, il 'pio Enea' perseguitato dagli dei (Giunone in testa) e i dolori che prova, sopporta e anche apporta da altri come conseguenza dei suoi nel suo lungo viaggio verso le coste del Lazio, tra naufragi, imbarcazioni affondate, compagni perduti sono un grande affresco della sofferenza della condizione umana.
    E i versi dell'Eneide di Virgilio non possono oggi non apparirci esemplari, visto quel che accade giornalmente nel Mediterraneo ormai da anni con tanti arrivi sulle nostre coste, sulle coste dell'Europa, ma anche decine di migliaia di morti in fondo al mare. La storia di Enea è poi la nostra storia, tutti figli di emigranti, visto che racconta il suo arrivo e la fondazione dell'Italia, e per Vittorio Sermonti, che la tradusse e la cui voce torna ora in un Audiolibro (Emons Edizioni, due Cd Mp3 19,90 euro) in cui la legge come cominciò a fare pubblicamente nel 2007 in chiese, teatri e piazze come il Campidoglio, "ogni patria è una patria perduta, una patria promessa e una patria degli altri".

Ed è Enea non è solo se se sentiamo la regina Didone che così si presenta all'uomo sbarcato nel suo regno e chiede asilo: "La sorte volle che anch'io, travolta da molti dolori simili, in questa terra infine mi fermassi: non inesperta di mali so soccorrere gli infelici". Sermonti metteva l'Eneide tra "i dieci grandi libri dell'umanità" e in questa edizione veramente da non perdere e da ascoltare con calma, no davvero di seguito, visto che in tutto si tratta di un ascolto di 18 ore e 45 minuti, ma questo tempo è diviso in 24 parti che durano poco più di un'ora, comprendenti ognuna un prologo per far da guida all'ascolto, che può quindi poi fluire libero, di oltre 400 versi dei circa 900 che compongono ognuno dei XII libri del poema di Virgilio, suddivisi dunque tutti in due parti. "Volendo leggere ad alta voce Virgilio l'ho tradotto io, nonostante esistano tante traduzioni più filologicamente autorevoli, perché volevo ritrovarvi il mio tono, la mia cultura, la mia persona e naturalmente il mio italiano, che evita gli automatismi di tante traduzioni scolastiche e fa le proprie scelte su tanti passi controversi, sulle mille opzioni interpretative", spiegava a suo tempo Sermonti, aggiungendo che agli esametri di Virgilio ha preferito il verso libero, pur cercando di lasciarvi i sei accenti, di conservarne la musicalità e la cubatura dell'originale". Di questa affascinante e coinvolgente traduzione esiste anche un'edizione in libro (Rizzoli, pp. 666 - 13,00 euro) che magari può servire da ulteriore guida, da rilettura aggiungendo agli echi dell'ascolto quelli personali, poiché ogni grande classico è un luogo in cui ognuno si ritrova, si riconosce sempre, anche se a suo modo. Si tratta di un libro "terribilmente e enigmaticamente bello", ma anche "domestico e misterioso" in cui, come "in nessun'altro poema, si sente e si vive l'emozione, la verità della poesia".

 Enea, pastore di popoli e fondatore di città, piange sulle sofferenze che infligge e sugli orrori cui è costretto a presenziare. La regina Didone è una Medea in lacrime che da Enea, amante fedifrago, vorrebbe aver avuto almeno un bambino ("quasi una Medea musicata da Puccini"). Il giovane re dei Rùtuli, Turno, ha il feroce candore di una vergine e, "turbato d'amore" per Lavinia, vorrebbe sfondare la corazza di "quella checca di Frigia" (cioè, di Enea). Lavinia arrossisce e si dispera, ma niente pare passare davvero per la sua testa di ragazza spaurita, mentre è chiaro che ad essere profondamente innamorata di Turno è sua madre. E si potrebbe andare avanti raccontando mille figure e mille episodi, ricordando tra l'altro, che c'è una curiosa tradizione medievale che indica in Virgilio un profeta che ha anticipato la venuta di Cristo: la cosa vera è che questo poema, che descrive la morte e il dolore, vive di una pìetas che è molto vicina alla caritas cristiana.
   
   

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