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La straniera, geografia di sentimenti

La straniera, geografia di sentimenti

Durastanti tra memoir e romanzo, letteratura è un'onesta bugia

ROMA, 11 febbraio 2019, 11:23

Marzia Apice

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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CLAUDIA DURASTANTI, LA STRANIERA (La nave di Teseo, pp.288, 18 Euro). "Per me la letteratura non è mai stata una catarsi. E' nata come una bugia, come astrazione dalla realtà. E' un processo ambiguo, ma la voce che emerge è onesta". Claudia Durastanti torna dal 14 febbraio in libreria con "La straniera" (La nave di Teseo), la sua nuova avventura letteraria a cavallo tra memoir e romanzo. Dopo l'esordio nel 2010 con "Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra" (Premio Mondello Giovani), seguito dalle conferme "A Chloe, per le ragioni sbagliate" (2013) e "Cleopatra va in prigione" (2016), la scrittrice affronta ora la storia della propria famiglia e ne fa splendida materia letteraria: trovando la giusta chiave per passare dal privato al collettivo, sempre misurata tra emozioni e distacco, Durastanti affronta i propri demoni pur provando ad allargare lo sguardo sul mondo e sul tema dell'identità. Ne "La straniera" l'autrice delinea una geografia di luoghi e sentimenti attraverso il contesto familiare ma in ogni pagina, prima più in ombra poi in modo più manifesto, appare se stessa, con le contraddizioni e i tormenti di chi è abituato da sempre a spostarsi, fisicamente ed emotivamente. Nata nel 1986 a Brooklyn da genitori sordi, Durastanti da piccola emigra da New York in un piccolo centro della Basilicata. L'America resterà parte della sua casa, e vi tornerà periodicamente, ma poi lascerà anche l'Italia per approdare a Londra, dove ora vive. Nello spostamento tra questi luoghi e nel percorso verso l'età adulta, l'autrice mette a fuoco personaggi indimenticabili, in primis i genitori e il fratello, svelando molto di se stessa. Parlare di sé è un rischio per ogni scrittore, ma lei sceglie di correrlo: "Nei miei libri precedenti mi sono messa alla prova con la fiction, ma sapevo che avrei raccontato questa storia prima o poi. Ho solo aspettato che maturasse la forma. Mi sono chiesta come si racconta una vita", dice Durastanti in un'intervista all'ANSA, "in ogni racconto su di sé è tutto un gioco di reticenze. Mi interessava capire quando l'io si discioglie nel noi". "In questa storia si passa dal passato al presente con qualche incursione nel futuro. Di fronte avevo due metafore: la mappa e la costellazione. Quando ci si affida alla memorie, una parte del ricordo è sedimentata e assume la forma di una montagna", prosegue, "il presente invece è come un torrente in piena, ed è difficile scrivere quando si è in mezzo all'acqua. Poi c'è la costellazione: ci sono cose vere o false, luminose e nebulose, tutto cambia in base a dove ci si posiziona". Pur essendo giovane, Durastanti ha già conquistato un suo equilibrio nella relazione con la scrittura: "Per me la letteratura non è una catarsi. E' nata come una bugia, come astrazione dalla realtà.
    Ho voluto sempre mentire e ho spesso pensato che sarei stata una grande dissimulatrice. E' un processo ambiguo, ma la voce che emerge è onesta", racconta, "da piccola soffrivo il disadattamento: ero la ragazza nuova a scuola e non volevo andarci. Mi rifugiavo nei libri, che sono stati per me una forza di emancipazione rispetto a quello che avrebbe dovuto essere il copione della mia vita. Ma la scrittura non è stato solo questo perché altrimenti non sarebbe durata". E aggiunge: "Non credo che la letteratura migliori le persone, ma ci fa immaginare vite diverse dalla nostra. Nella mia scrittura c'è sempre un sentimento che domina, la malinconia, e non solo in questo libro. I miei personaggi, e anche me stessa, io li vedo per quello che avrebbero potuto essere, per le strade che non hanno preso". "La straniera" colpisce anche dal punto di vista del linguaggio, con la musicalità e l'accuratezza che si uniscono allo stile spontaneo. "Il bilinguismo si avvertiva nei miei primi libri, in cui avevo una lingua più cerebrale. Poi con Cleopatra la lingua è diventata più disadorna e minimale. Questa è una terza fase, quella del ragionato istinto, come dice la mia editor. Ho scelto un linguaggio più coinvolgente, in cui ci sono il tragico e la gioia, ma alla giusta distanza", spiega. In questo flusso emotivo, l'autrice prova a comprendere la realtà di oggi, a fare i conti con alcuni temi cruciali: gli squilibri economici e i diritti sociali, la disabilità e le migrazioni di ieri e di oggi. Proprio su queste ultime due questioni si sofferma maggiormente, partendo dai genitori, disabili e migranti insieme, e da se stessa, fin da piccola in viaggio tra culture e società diverse, e ancora oggi 'straniera' in ogni parte del mondo: "C'è un parallelismo tra migranti e disabili.
    Ci si riduce alla letteralità, non viene mai raccontata la complessità delle loro storie: sono solo migranti e disabili. A questa letteralità i miei genitori si sono sempre ribellati. La stessa cosa l'ho provata sulla mia pelle. Qui a Londra prima di Brexit nessuno si sarebbe definito immigrato. E' stata una presa di coscienza positiva: abbiamo capito quanto è labile il privilegio di non definirsi migrante".
   

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