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al-Aswani e l'umanità di Piazza Tahrir

al-Aswani e l'umanità di Piazza Tahrir

Esce per Feltrinelli il romanzo 'Sono corso verso il Nilo'

MILANO, 18 settembre 2018, 14:16

di Federico Pucci

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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   'ALA AL-ASWANI, SONO CORSO VERSO IL NILO (FELTRINELLI, 382 PP, 18 EURO) - Un generale, un'ex insegnante movimentista, un aspirante attore e molte altre figure di un Egitto in fermento e in decadenza convergono nei due fronti di Piazza Tahrir nel romanzo 'Sono corso verso il Nilo' (Feltrinelli) dell'egiziano 'Ala al-Aswani. Mescolando realtà e immaginazione, l'autore egiziano combina le sue esperienze dirette da intellettuale che partecipò alla rivoluzione nel 2011, senza comporre però un'agiografia, ma anzi un mosaico umano. Lo scrittore, a Roma il 18 settembre per l'anteprima di 'Libri Come' all'Auditorium Parco della Musica e il 19 settembre parteciperà alla giornata inaugurale di Pordenonelegge, ha spiegato all'ANSA perché sia ancora importante parlare di Piazza Tahrir, 7 anni dopo: "Per scrivere un romanzo c'è bisogno di una certa distanza dall'esperienza che lo ispira, così che la memoria conservi quel che c'è di umano ed essenziale. Io ho vissuto questo evento, sono stato ispirato da vere persone, ma ho impiegato 4 anni per iniziare a scrivere. Volevo far capire come la rivoluzione sarà per sempre una parte della vita di chi vi ha partecipato".

    L'umanità di quel periodo turbolento è ricercata lontano dalla cronaca, nel privato celato dietro il pubblico, nel conflitto di motivazioni personali e battaglie sociali, tra violenze della polizia e paradossi del sistema mediatico, orrori e sentimenti. Tutto ciò è osservato da differenti punti di vista, con dispositivi narrativi alternanti, dal dramma alla corrispondenza epistolare: "Per me il romanzo è una vita, simile alle nostre ma più profonda e significativa, e come la vita non è monotona così un racconto non può avere una nota sola: cerco sempre prospettive diverse". Un elemento che rimanda senz'altro al suo esordio best-seller 'Palazzo Yacoubian'.

    La frammentazione del discorso sembra suggerire anche il caos dell'Egitto pre-rivoluzionario, una parabola che si chiude con una nota amara nel finale: "Non è pessimismo, non voglio inserire le mie opinioni, piuttosto provocare il lettore dando l'impressione di un fallimento". Da parte sua, anzi, al-Aswani si dice ottimista per il suo Paese: "Pensiamo alla rivoluzione francese: dopo 7 anni era anche peggio di prima, con l'arrivo di un imperatore e quindi il ritorno dell'ancien régime, ma non si può dire che non abbia avuto effetti. Abbiamo bisogno di tempo. Politicamente non abbiamo ottenuto niente: la dittatura è peggio di prima, in Egitto. Però ci sono molti altri aspetti che sono meno visibili ma più importanti: culturalmente è cambiato tutto. Ad esempio, il velo e il burqa non sono più motivo di prestigio sociale".

    Proprio intorno all'obbligo del velo ruotano alcune dei dialoghi più vividi e alcune vicende: "Fino agli anni '70, con l'espansione del wahabismo, non si vedeva uno hijab, nemmeno nell'università islamica. Nel 1924, quando eleggemmo il nostro primo governo democratico, le donne si tolsero il burqa portato dai turchi. Ironicamente proprio in Piazza Tahrir".
   

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