"Lo ripeto spesso: attraverso il cibo si può parlare 'leggermente' di cose importanti". Soprattutto in un Paese come l'Italia, dove la cultura gastronomica, oggi tra le più importanti al mondo, non solo affonda le radici lontano nella Storia, ma è frutto di secoli di contaminazioni, mutamenti, influenze, memorie e tecnologie mai cristallizzate o codificate una volta per tutte. Nasce così L'Italia a tavola. Storia di una cultura, progetto in tre puntate di Rai Cultura, in onda da lunedì 4 dicembre alle 22.10 in prima visione su Rai Storia, guidato da Massimo Montanari, storico dell'alimentazione e tra i massimi esperti sul tema, oltre che a capo del Comitato scientifico a sostegno della candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell'Unesco. "La cucina - sorride - è un tema molto presente in tv", tra ricette e gare di cucina. "Ma mai con un taglio storico culturale - dice Montanari all'ANSA - Abbiamo scelto un viaggio non cronologico, ma dedicando ogni puntata a tre temi forti che caratterizzano la nostra cucina: la pasta, regina della prima puntata e vera bandiera italiana nel mondo", nonostante in origine fosse "solo" una variante "sottile" del pane; "poi la pizza, con il pane e le torte; e infine le verdure". Un viaggio che arriverà indietro fino dal Medioevo per dimostrare come ancora oggi nelle nostre pratiche quotidiane risuonino gli echi del passato, perché, spiega Montanari, "ben prima che l'Italia esista come entità politica, esiste una cultura italiana, riconoscibile nell'arte, nella letteratura, nella musica. E di questa cultura la cucina è parte essenziale". Ad arricchire le puntate anche gli antropologi Marino Niola, Elisabetta Moro e Franco La Cecla, lo storico Alberto De Bernardi, la studiosa della lingua Giovanna Frosini e l'esperta delle pratiche di panificazione Laura Lazzaroni. Così differente da Nord a sud, a volte anche di Comune in Comune, la cucina italiana è però da sempre attraversata da alcune caratteristiche forti. "Innanzitutto, l'inclusività - dice Montanari - Ovvero la capacità di accogliere prodotti nuovi. Penso al pomodoro e al peperone, prodotti americani che sono diventati caratteristici dei nostri piatti. O, prima ancora, la melanzana che si diffonde nel Medioevo. La caratterizzazione locale - prosegue - dipende da più fattori, come la geografia e il clima. Ma anche dalla sovrapposizione di tante genti e culture che hanno di volta in volta interpretato il territorio a modo loro. Tutti questi elementi hanno fatto dell'Italia un luogo straordinario di biodiversità. Ma queste realtà locali interagiscono fra loro, non sono semplicemente accostate. E' l'altro grande segreto della ricchezza della nostra cucina: il fatto che alto e basso hanno sempre dialogato, dalla cucina della corte del Rinascimento a quella borghese dell'Ottocento di Pellegrino Artusi, mescolandosi con la cultura popolare. Oggi possiamo dire che la nostra forte identità culturale è costruita sulle differenze ed è un bel messaggio anche dal punto di vista civile". Tema, dice, "su cui insiste anche il dossier per l'Unesco: l'originalità di un modello culturale molto forte, che tutti riconoscono, che però è fondato non su una unicità del fare imposta dall'alto. Ma su una enorme molteplicità di cose che vengono dal basso, dando vita a un'identità forte ma costruita sulle diversità, sulla capacità di interpretare le differenze, di accogliere nuovi prodotti, di arricchire le ricette e cambiarle". Presentato il dossier, "ora abbiamo davanti un anno in cui si potrà modificare o migliorare - conclude Montanari - Nel 2025, il pronunciamento dell'Unesco".
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