Pelè: il re del calcio. Il titolo di
questo documentario sulla leggenda del calcio brasiliano, 80
anni compiuti ad ottobre, è fin troppo ovvio. Ma la firma,
quella del regista Kevin Macdonald, vincitore dell'Oscar per un
altro documentario, "One Day in September", sulla presa di
ostaggi olimpica del 1972, ci mette subito su un'altra strada.
Il film, su Netflix dal 23 febbraio, racconta il periodo
1958-1970. Due date fondamentali: quella della prima
incoronazione mondiale a 17 anni e l'ultimo trionfo ai Mondiali
messicani. Edson Arantes do Nascimento, il suo nome di nascita,
l'idolo di un paese, il calciatore del secolo per la Fifa, unico
ad aver vinto 3 campionati del mondo con la nazionale del suo
Brasile, è il simbolo stesso del gioco del calcio. Le immagini
del film, una gioia per gli occhi, per scoprire o riscoprire il
genio capace di cambiare il corso di una partita con un tocco di
palla, suggeriscono anche altro quando ci si sposta fuori dal
campo. Ecco l'ex numero 10, che si concede poco, fisicamente
sminuito che racconta il suo rapporto con la dittatura
brasiliana, l'immensa pressione, le frustrazioni oltre le gioie,
le infedeltà coniugali, i bambini segreti. Più di mezzo secolo
dopo, alcuni lo rimproverano ancora per il suo silenzio, anche
per la sua docilità nei confronti del potere dei militari durata
dal 1964 al 1985. «Non credo che avrei potuto fare qualcosa di
diverso. Non ero Superman. Non ho fatto miracoli". Il film
ricorda che il governo del generale Emilio Garrastazu Medici lo
spinse in particolare a partecipare ai Mondiali del 1970 quando
non era entusiasta, vittima di un infortunio. Il film mostra un
Pelé senza certezze, lontano dal personaggio fiducioso con il
sorriso immancabile: il re del calcio si ma anche un uomo
fragile.
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