Damiano Michieletto ha fatto centro
con la prima esecuzione italiana in forma scenica di Mass di
Leonard Bernstein, alle Terme di Caracalla. ll pubblico, tornato
finalmente a prendere posto nella meravigliosa sede storica
della stagione estiva dell' Opera di Roma dopo la parentesi di
due anni al Circo Massimo a causa del Covid, ha tributato un
lunghissimo applauso all'allestimento della composizione
definita dallo stesso autore ''un pezzo teatrale per cantanti,
musicisti e ballerini''. Non fu così nel settembre 1971 quando a
Washington la critica stroncò il lavoro commissionato da
Jacqueline Kennedy per inaugurare il memoriale dedicato al
marito ucciso a Dallas nel 1963. Il giovane regista veneziano,
al debutto a Caracalla dopo aver realizzato con la Fondazione
capitolina nel 2020 in piena emergenza sanitaria uno
straordinario ''Rigoletto'', ha attualizzato lo spirito
pacifista dell' opera mettendo al centro della scena il muro
delle divisioni e delle incomprensioni su cui scorrono i luoghi
del mondo in cui è stato innalzato. Contro questo muro si
scontra il celebrante, l'applauditissimo baritono austriaco
Markus Werba, alla guida di una comunità di fedeli su cui
irrompe il gruppo di 'street singer' animato dal dubbio e dalla
volontà distruttiva.
''Mass ha tante cose dentro'' aveva detto Michieletto alla
vigilia della 'prima'. La partitura di Bernstein effettivamente
miscela musical, inserti di brani registrati, jazz, rock. E se
sono evidenti gli accenni al suo capolavoro West Side Story, il
pensiero a volte rimanda a Jesus Christ Superstar, pubblicato
come doppio album 1970 e rappresentato a Broadway nell' ottobre
successivo.
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