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Enrico Rava, ''La musica è magia e belle sorprese''

Musica

Enrico Rava, ''La musica è magia e belle sorprese''

Il trombettista il 3 gennaio a Roma con Rea, Gatto e Deidda

ROMA, 01 gennaio 2022, 16:01

di Luciano Fioramonti

ANSACheck

Enrico Rava - RIPRODUZIONE RISERVATA

Enrico Rava - RIPRODUZIONE RISERVATA
Enrico Rava - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - "Vorrei sapere anch'io che concerto sarà perché è una prima assoluta. Sarà una sorpresa anche per me. Avere belle soprese è l'unico motivo per cui alla mia veneranda età e con questa situazione allucinante provocata dal Covid continuo ad andare in giro a fare concerti". Enrico Rava, il jazzista italiano più conosciuto all'estero, continua ad essere mosso dalla curiosità di provare emozioni sul palcoscenico. A 82 anni, dopo aver collaborato dalla metà degli anni Sessanta con i mostri sacri del genere musicale che ha rivoluzionato il Novecento, partecipato ai festival internazionali più importanti e inciso decine di dischi, il trombettista affronta ogni capitolo nuovo tenendo presente che la musica ''è magia, il momento in cui suonando insieme tutto magicamente avviene nel modo giusto''. Il 3 gennaio sarà protagonista con tre fuoriclasse del jazz, Danilo Rea al pianoforte, Roberto Gatto alla batteria e Dario Deidda al contrabbasso, della serata-evento voluta da Musica per Roma all'Auditorium progettato da Renzo Piano.

''Quando si presenta l'occasione di fare una cosa mai fatta non vedo l'ora di farla - dice all' ANSA -. Siamo quattro musicisti che parlano lo stesso linguaggio, non c' è bisogno di provare, basta una nota e ognuno sa che cosa fare. E' il segreto del jazz: suonare con chi ha la tua stessa visione della musica''. Rava torna sul palco dopo essersi ripreso da un intervento chirurgico che lo ha tenuto lontano dai riflettori e in questo primo scorcio di 2022 ha in calendario altri spettacoli, il 24 febbraio a Trento con Christian Fernandez, nome di spicco della musica elettronica, e il 20 marzo di nuovo a Roma con il pianista americano Fred Hersch, con cui ha inciso un disco in uscita a primavera. "E' il più bello che abbia mai fatto fatto - spiega - . Dopo l'intervento non avevo toccato lo strumento per tre mesi e la prima volta che ho suonato è stato in studio a Lugano per questo lavoro. Ero molto nervoso e invece è stato un miracolo dalla prima nota. Mi sono sentito così bene con lo strumento, con Fred, con l'acustica meravigliosa… Ho suonato come mai avrei immaginato. Un piacere continuo, enorme". Che cosa gli ha insegnato il lungo stop imposto dalla pandemia? "Che si può vivere anche senza andare a suonare. Nel primo lockdown senza uscire quasi mai ho ascoltato tantissima musica come non facevo da anni e ho letto tantissimo. La seconda ondata è stata più dura perché ho dovuto operarmi all'anca e affrontare un intervento molto più grave. La mia depressione era tangibile". Sono stati comunque mesi di studio intenso dello tromba. ''Ho scoperto che per certe cose ho migliorato la mia tecnica. A 82 anni si dovrebbe peggiorare e invece…''.

Nella sua lunga carriera che cosa ha capito della musica? ''Che è magia e senza la magia manca tutto. Capire perché avvenga questa magia resta un mistero''. Rava parla di un miracolo ''in cui suonando in gruppo ognuno dà ciò di cui gli altri hanno bisogno e riceve quello che gli serve. E' un momento impagabile di democrazia perfetta, una esperienza sublime e meravigliosa per chi suona e per chi ascolta. Un modo per connettersi con un equilibrio universale e interiore''. Il virtuosismo come ''esibizione muscolare'' non lo ha mai interessato. ''Un musicista deve avere la tecnica che gli permetta di suonare quello che vuole. La tecnica deve essere l'abito su misura per esprimersi''. Con chi non le è riuscito di suonare? ''Ho incontrato molti grandi musicisti, non mi posso lamentare. Pochi anni fa avrei dovuto fare un concerto a Umbria Jazz con Sonny Rollins ma era molto vecchio, ha cancellato la sua tournée e non ha più suonato. Mi è dispiaciuto perché era uno dei miei miti, insieme a Coltrane e Joe Henderson. Con quest'ultimo, ad esempio, ho avuto la fortuna e l'onore di fare due tournée''. Ora che cosa le manca? ''Avere un po' più di tempo, un futuro. L' età non vuol dire niente, è un fatto puramente cronologico, quello che conta sono la salute e gli acciacchi, che uno può avere anche a 20 o 40 anni. Ecco, mi manca non avere la stessa efficienza anche solo di tre-quattro anni fa. Oggi i miei 82 anni me li sento tutti, invece fino a due-tre anni fa me ne sentivo venti di meno". Su questo pesa molto anche l'incertezza legata al Covid. "Non mi sembra vicino il momento per il ritorno di tutti a una vita normale. Oggi è tutto di nuovo molto preoccupante e confuso. Non so se i concerti previsti fino a marzo si faranno o se chiuderanno tutto di nuovo". Se dovesse portare con sé un disco su un isola deserta, quale sceglierebbe? "Il live My Funny Valentine di Miles Davis al Lincoln Center del 1964, che sento più vicino a me. Se invece dovessi mandare un solo brano su Marte, sceglierei Potatoe Head Blues di Louis Armstrong del 1927. Essendo Armstrong un genio, il suo assolo comprende il passato del jazz prima di quell' anno e il futuro, l'embrione di quello che sarebbe avvenuto in seguito. E' la perfezione. Se poi potessi portarli tutti e due sarebbe ancora meglio".

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