ORSOLA SEVERINI, LA QUARTA COMPAGNA
(FANDANGO LIBRI, PP. 176, EURO 16) Le donne e l'antifascismo al
centro de La quarta compagna, romanzo storico di Orsola
Severini, insegnante di francese e scrittrice, nota per
l'esordio narrativo Il consolo (2021) che tratta il tema
dell'interruzione di gravidanza.
La quarta compagna, uscito per Fandango Libri, parla di Ada,
personaggio ritagliato su una donna realmente esistita "che ha
incarnato tutte le grandi lotte politiche e sociali del
Novecento italiano" e che "è stata una delle fondatrici
dell'antifascismo", come spiega l'autrice nelle note finali e
aggiunge che Ada era presente "nella villa ad Angera dove i
principali dirigenti del Partito comunista - Ravera, Togliatti e
Terracini - hanno gettato le basi della Resistenza antifascista
nel 1923".
I fatti narrati nel libro iniziano nel 1978. Ada, ormai
ottantenne, si guarda allo specchio e non si riconosce: "Sono
veramente io quella là? Vecchia, rimpicciolita, quasi invalida.
Sì, una vecchietta qualunque in una cittadina qualunque. E
allora quell'altra dov'è finita? Quella coraggiosa, pazza e
incosciente, che ha rischiato tutto per la sua idea, che ha
preso un sacco di botte, che è stata mille volte sul punto di
essere ammazzata ma che l'ha sempre scampata".
Nei primi anni del regime fascista, Ada collabora alla
diffusione de L'Unità a Milano e raccoglie fondi per il Partito
comunista. Nel 1927 viene seguita, la sua casa perquisita, il
padre minacciato e lei imprigionata e torturata. Descrive la
cella: "Dentro era sempre umido. Freddo umido in inverno e umido
afoso in estate. Un secchio per fare i bisogni. Lo svuotavano
ogni tre giorni quando andava bene. Il vitto era una brodaglia
fredda con bucce di verdure, nella quale galleggiavano cadaveri
di insetti di ogni tipo e un pezzo di pane nero e duro". E le
torture:"Negli interrogatori della Polizia c'erano pugni, calci
e schiaffi; poi mi passavano ai fascisti e qui c'erano gli
stupri e le torture più atroci: ero già pronta a morire. Anzi,
io volevo morire. Non aspettavo altro. Ma, come mi sarei accorta
in diversi momenti della vita, per me morire è piuttosto
difficile".
Severini si è documentata sulla 'vera' Ada, ha consultato
cartelle cliniche e verbali: "la polizia fascista la descriveva
come una pericolosa sovversiva, con capacità organizzative e ben
radicata nell'ambiente antifascista milanese, mentre gli
psichiatri parlavano di una povera pazza sbandata, poco più che
analfabeta, incapace di intendere e di volere", fa sapere.
La storia di Ada è simile a quella di tanti oppositori politici
e antifascisti mandati in manicomio dal regime: la presunta
malattia mentale diventava "un pretesto per punire tantissimi
oppositori politici di diverse fedi politiche ed estrazioni
sociali".
Ada "ha combattuto per tutta la vita le battaglie più difficili
e disperate. Ma è anche una donna piena di fragilità e di paure,
dalla sensibilità esacerbata da grandi dolori e sofferenze.
Un'eroina o, forse, un'antieroina che ha sempre vissuto
nell'ombra ma alla quale dobbiamo tutto ciò che abbiamo di più
prezioso oggi e che non può quindi essere dimenticata", conclude
l'autrice.
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