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Marco Onnembo, Il metro del dolore

Marco Onnembo, Il metro del dolore

Indagine sull'uomo attraverso un prete politicamente scorretto

ROMA, 20 giugno 2022, 14:19

Redazione ANSA

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Marco Onnembo, Il metro del dolore - RIPRODUZIONE RISERVATA

Marco Onnembo, Il metro del dolore - RIPRODUZIONE RISERVATA
Marco Onnembo, Il metro del dolore - RIPRODUZIONE RISERVATA

MARCO ONNEMBO, IL METRO DEL DOLORE (Mondadori, pp. 200, 16.90 euro)

"Si dice che l'occhio umano sia capace di riconoscere duecentocinquanta tonalità di grigio. Quelle che si colgono in un confessionale, in un solo giorno, sono decisamente di più e spesso tutto avviene in un'acuta solitudine. Che è solo il nome del fardello che porta sulle spalle chi diventa prete. Finanche un prete strano come me". È un appassionato e sincero flusso di coscienza ad animare "Il metro del dolore", ultimo romanzo di Marco Onnembo, in libreria con Mondadori dal 21 giugno.
    Con un registro linguistico diretto, snello, ma molto accurato, l'autore mette al centro il personaggio di don Carmine Pastore, un prete politicamente scorretto che ha fatto di una coraggiosa anomalia il suo carattere distintivo. Di lui, con un racconto in prima persona, il romanzo ripercorre la vita, scelta dopo scelta, tra cadute e conquiste. Ciò che colpisce del libro è la capacità di Onnembo di delineare per il lettore un personaggio complesso e non facile da decifrare, affascinante proprio perché lontano da ogni stereotipo. "Un sacerdote è uno che ha la voglia di scoprire l'umanità. Che ha la voglia di osservare, conoscere e appartenere a quell'umanità. Diventare compilatore di storie. Uniche. Diverse. Eppure uguali per tutti", dice il protagonista. E, nel racconto della sua stessa esistenza, don Carmine si svela per ciò che è: semplicemente un uomo, che anche da prete ha conservato la volontà di fare domande più che dare risposte.
    Chiunque lo incontri a New York, lui che immigrato da giovane negli Stati Uniti preserva dal tempo che passa le sue radici senza farne una prigione, non può non essere irretito dalla sua personalità: don Carmine fuma il sigaro, beve whiskey al pub vicino la sua chiesa, ironizza su tutto e non condanna ciò che molti altri preti condannerebbero. La sua volontà di comprendere tutte le sfumature dell'animo umano, anche quelle più oscure - "La verità è che nella vita reale i colori si fanno sfumati; il nero è sempre più simile al grigio, il bianco non è mai candido come appare", dice - gli permettono di guardare in faccia il male senza paura, nella consapevolezza che esiste sempre un motivo, basta trovarlo, e la fede in questa missione conoscitiva può essere un aiuto. Fino a quando però anche quest'ultima non si perde: ed è proprio ciò che accade a don Carmine, dopo un terribile avvenimento in seguito al quale le domande diventano accuse e l'abito sacerdotale troppo pesante.
    Dopo aver inviato le sue dimissioni al vescovo, senza ormai la fede a cui aggrapparsi né tantomeno alcuna certezza, il sacerdote anticonformista si ritrova debole, senza orizzonti.
    Ma, nel momento più buio, la speranza torna a fiorire, squarciando l'oscurità: sarà solo dopo aver toccato il fondo che le domande otterranno una risposta.
    In pagine intense, Onnembo conduce il lettore non solo alla scoperta di un personaggio difficile da dimenticare, soprattutto per la sua schiettezza, ma anche a porsi domande che in fondo attraversano l'esistenza di ognuno di noi. L'indagine conoscitiva sull'uomo portata avanti dall'autore pur nella finzione letteraria ambisce all'autenticità e spinge chi legge all'immedesimazione, in un fluire di dubbi e riflessioni.

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