Nella serie per Sky dal suo romanzo, vincitore del Premio Strega, su Mussolini 'M. Il figlio del secolo' (Bompiani), "ho fiancheggiato la scrittura della serie fin dal principio. Quando si cedono i diritti o si cercano di prendere più soldi possibile e ci si ritira sull'Aventino della propria coscienza da letterato per poi alla fine dire 'non mi piace' o si cerca di collaborare". Lo spiega Antonio Scurati parlando del progetto in 8 puntate, prodotto da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, (società del gruppo Fremantle) in collaborazione con Pathé, in arrivo nel 2024, diretto da Joe Wright con Luca Marinelli protagonista.
L'occasione per parlarne è il panel 'Letteratura e serialità' di cui lo scrittore è stato protagonista con Valeria Golino e Giancarlo de Cataldo nel corso della seconda giornata di Sky 20 anni, evento organizzato dalla piattaforma digitale satellitare, in occasione del proprio ventennale, dal 2 al 4 ottobre al Museo nazionale romano nelle Terme di Diocleziano di Roma.
In questo caso "per me il dilemma era molto forte, perché scrivendo la storia di Mussolini, dalla prospettiva di Mussolini, ci sono delle implicazioni etiche, politiche, ideologiche molto forti" sottolinea. "Provengo da una cultura e una formazione antifascista, che rivendico anche se il mondo sembra andare in un'altra direzione". Quando Scurati ha deciso di scrivere il romanzo, "non volevo creare un meccanismo che creasse empatia o simpatia col protagonista. Mi sono detto che per farlo dovevo proibirmi elementi come come dialoghi fittizi, personaggi fittizi, scene inventate, introspezione per far sentire cosa provasse Mussolini in quel momento. Sembrava un percorso ad handicap ma il risultato è una forma di narrazione che sembra avere una sua forza". Quando si fa una trasposizione è "quasi impossibile non creare empatia. Così ho scelto di provare a collaborare, di dare il mio contributo nelle varie fasi, non sempre in maniera pacifica ma stimolante". Avendo visto nel montaggio provvisorio le prime quattro puntate "ho tirato un grande sospiro di sollievo. Non so se neanche dire se a me piace tutto perché sono troppo coinvolto, ma sicuramente è un'opera di livello cinematografico e artistico altissimo e di una potenza narrativa straordinaria". Nella trasposizione "il regista Joe Wright e gli sceneggiatori che ho lateralmente affiancato hanno seguito un gioco in tre mosse, creando un personaggio, straordinariamente interpretato da Luca Marinelli qui quasi irriconoscibile, che sicuramente stimola la partecipazione emotiva dello spettatore, in ciò che vive e sente questo farabutto e cialtrone formidabile; però quando ti avvicini molto ti raggela, ti agghiaccia, ti provoca orrore". In questa tensione la trasposizione "ha ereditato l'impegno etico che era del romanzo". Quando "rappresenti il male e soprattutto come ha segnato e continua a segnare la storia, devi portare lo spettatore nella gabbia ma poi devi portarlo anche fuori: se il leone ti sbrana non hai fatto un buon servizio".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA