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>>>ANSA/Ferdinando Camon, 'diritto strage' resta una piaga

>>>ANSA/Ferdinando Camon, 'diritto strage' resta una piaga

Autore riscrive Occidente, 'Europa ora costretta a cambiamento'

ROMA, 28 giugno 2022, 10:56

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Marzia Apice) FERDINANDO CAMON, OCCIDENTE (Apogeo Editore, pp.204, 15 euro). "In questi anni ho purtroppo constatato che la violenza continua e si basa su un principio, che è il diritto di strage: c'è una casta che ritiene di avere il diritto e il dovere di fare una strage perché convinta che alcuni esseri umani siano inferiori": così Ferdinando Camon spiega all'ANSA il motivo che lo ha spinto a scrivere, a quasi 50 anni di distanza, una nuova, definitiva versione del suo libro "Occidente", pubblicato nel 1975, in cui si interrogava sulle ragioni profonde del terrorismo nella stagione degli anni di piombo. In uscita il 27 giugno con Apogeo Editore, l'autore riprende in mano il volume creando un ponte con l'oggi, e attraverso il suo racconto (nel libro, ambientato a Padova, da una parte c'è l'utopia rivoluzionaria che conquista schiere di studenti e intellettuali in lotta contro la società borghese, dall'altra i deliri suprematisti di pochi ma determinati estremisti neri) svela cosa si nasconde dietro ogni terrorismo, al di là dunque dell'ideologia, trovando una connessione con la fragilità e il senso di precarietà dell'uomo contemporaneo. "Nel mio romanzo mando in analisi il protagonista stragista, proprio perché in quelle conversazioni emergono le forze lo rendono incontrollabile: per lui non tutti hanno diritto di vivere e chi non condivide la sua idea di bene deve sparire", dice lo scrittore, nato nel 1935 in un piccolo paesino della campagna veneta, "ieri era l'ideologia a muovere i terroristi, oggi è la religione. Ce lo hanno mostrato gli estremisti islamici, per i quali la strage è un lasciapassare verso Allah. Ogni integralismo di certo va combattuto". Lei ha definito Occidente "in assoluto, il libro che m'è costato più caro, moralmente parlando", per via delle minacce che ricevette all'epoca. "Chi mi minacciava aveva il mito nietzschiano della razza superiore: io non potevo difendermi, e tante volte sono scappato. Credo che l'unica difesa da questo tipo di problema possa essere preventiva, di tipo culturale, ossia educando i giovani a pensare diversamente", spiega lo scrittore, che nel 2016 ha ricevuto il Premio Campiello alla carriera. "Quando incontrai Franco Freda, il terrorista che si riconobbe nel protagonista del romanzo, gli chiesi se fosse davvero lui il responsabile della strage di Piazza Fontana. Lui mi rispose con questa frase: È innocente non chi è incapace di peccare, ma chi pecca senza rimorsi. Forse fu una affermazione di colpevolezza: per fare una strage si deve avere un determinato codice morale". Oggi viviamo tempi difficili. Dove sta andando l'Europa? "L'Europa è sottoposta a un cambiamento forzato, non può più essere la roccaforte della civiltà cristiana bianca, deve mescolarsi alle altre civiltà, si altererà e diventerà altro. Ma anche chi arriverà da noi dovrà adattarsi", spiega, "siamo in una fase di transizione". Perché ha sempre condotto una vita così riservata? "Perché odio la ribalta. Credo che uno scrittore si esprima scrivendo, non prima e non dopo e non con altri mezzi", dice, "Non credo che quello che dico abbia un senso modificabile se mi mostro in tv. Le parole valgono per il senso che hanno e per il loro peso, infatti sto molto attento a sceglierle". Quest'anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di Pasolini. Quanto è legato a lui? "Pasolini è stato molto generoso con me. Mi chiamò alle 5 di mattina per dirmi che voleva scrivere la prefazione al mio primo romanzo: ne fui onorato", racconta, "sarebbe utile ascoltare la sua voce oggi: ci sono tante corruzioni e deviazioni nelle idee portanti della nostra società, accogliamo male i migranti, il cattolicesimo si altera e la democrazia si fa ambigua. Ma Pasolini non c'è e non c'è nessuno che svolga il suo compito". E' appena scomparso un altro grande scrittore, Raffaele La Capria: "Lo stimavo molto, il suo Ferito a morte è un libro immortale", afferma, "E' giusto che molti ora lo ricordino: ciò dimostra che per uno scrittore non è importante produrre molto, basta scrivere un capolavoro. Nel mio caso credo che verrò ricordato per Un altare per la madre (con cui vinse la XXXII edizione del Premio Strega, ndr), ora lo stanno traducendo anche in persiano".
   

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