IL LAVORO IN VIA DI ESTINZIONE di PINO MIGLINO (Primamedia editore: 144 pag.; 15 euro). Ridurre l'orario di lavoro per salvarsi da automazione e intelligenza artificiale. Lo slogan in voga negli anni '70 'lavorare meno lavorare tutti', è tornato di moda: sembra essere l'unico modo per salvarsi dall'automazione. E' quanto affronta 'Il lavoro in via di estinzione', saggio del giornalista Pino Miglino, in uscita il 29 novembre, che analizza in forma di cronaca la disoccupazione intesa come malattia strutturale, il ruolo dei sindacati e della politica, ma anche gli esperimenti in corso nei principali Paesi occidentali, il cambiamento imposto dalle crisi globali e dalla pandemia, oltre alla necessità di una rivoluzione culturale che porti a lavorare per vivere e non a vivere per lavorare.
Il volume si sviluppa anche attraverso interviste a Pierre Carniti, Piergiovanni Alleva, Agostino Megale, Susanna Camusso e l'ultima rilasciata da Domenico De Masi secondo cui "non ridurre l'orario di lavoro non solo comporta rinunciare ad assorbire la disoccupazione presente e quella futura causata dall'automazione ma comporta anche danni collaterali. Insomma se l'imperativo è creare lavoro, allora non si tratta più di lavorare per produrre ma di produrre per lavorare. Si rischia inoltre di adottare un'organizzazione del lavoro adeguata al progresso tecnologico e all'enorme crescita della produttività solo sotto la pressione di sollevazioni violente, così come si è sperimentato in fretta e furia lo smart working solo sotto la frusta del Covid", la "nuova sfida che segnerà il XXI secolo è come inventare e diffondere una nuova organizzazione capace di elevare la qualità della vita riducendo il lavoro e facendo leva sulla forza silenziosa della felicità". "L'occupazione si trova oggi a navigare tra Scilla e Cariddi. Dove Scilla è la scandalosa disuguaglianza che riduce la domanda dei consumatori. E Cariddi è l'automazione che, contrariamente al passato, non riesce a creare un numero equivalente di posti rispetto a quelli che distrugge. Due, dunque, sono le strategie su cui agire. Una più convenzionale e cioè la redistribuzione della ricchezza e l'altra quasi ignorata ma decisiva e cioè la redistribuzione dell'orario di lavoro" spiega l'autore.
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