(ANSA) - NAPOLI, 25 MAG - I tempi del romanzo, i gusti dei
lettori, la lingua colta e quella dialettale. Temi dibattuti da
due nomi da novanta della letteratura italiana: Dacia Maraini e
Maurizio De Giovanni, in occasione di uno dei confronti promossi
a Palazzo Reale di Napoli da Il Mattino per la festa dei suoi
130 anni.
"Mi chiedono - esordisce Dacia Maraini - perché non si fanno
romanzi sulla pandemia e la risposta è che bisogna digerire
ancora questi momenti. Il romanzo ha bisogno di più tempo. Lo
scrittore lavora con la memoria, non istintiva ma elaborata,
deve diventare carne e pensiero e poi si fa parole, per questo
lo scrittore ha tempi lunghi. Oggi va molto il tema del rapporto
tra padre e figlio, molti dei romanzi che ho letto ultimamente
indagano la crisi della figura paterna in fatto di autorevolezza
con padri che spesso vogliono giocare con i loro figli e
mettersi in competizione con loro. Penso che tra un po' di mesi
si comincerà a parlare di cosa è stata pandemia".
D'accordo De Giovanni: "Noi oggi usiamo la seconda guerra
mondiale come ambientazione. Scriviamo del passato per eredità,
per memoria e per non ricadere negli stessi errori: è un compito
fondamentale della letteratura. I romanzi pongono domande, non
danno le risposte, quelle le danno ai lettori".
Da De Giovanni una bacchettata ai cosiddetti salotti
letterari: "Pensano che la cultura sia più raffinata se è per
pochi, ma io scambierei un critico con due lettori" "Il grande
scrittore - chiosa dacia Maraini - sa comunicare con l'accademia
e con i ceti meno colti". (ANSA).
Maraini, romanzi sulla pandemia? Serve tempo
130 anni del Mattino, confronto con De Giovanni
