(di Paolo Petroni)
Quando esce il romanzo che lo ha reso
popolare e diverrà il manifesto principale della Beat
Generation, ''Sulla strada'', nel 1957, ma finito di scrivere
sei anni prima di trovare un editore, Jack Kerouac, scomparso a
47 anni nel 1969 e di cui il 12 marzo si celebrano i cento anni
dalla nascita (a Lowell nel 1922), scrive con decisione che
''oramai dell'autentica, originale Beat Generation non era
rimasto più niente'', se non che ''per qualche curiosa
metamorfosi, dopo la guerra di Corea, improvvisamente era
spuntata una gioventù cool e beat che ne ha raccolto i gesti e
lo stile'', parlando poi di James Dean, di slang, di assunzione
di droghe, di giovani rock'n roll e di modi di vestire lanciati
da Montgomery Clift e Marlon Brando. Infatti la Beat
Generation ''è una visione'' che ebbero a metà anni '40 Kerouac,
che lo racconta, Allen Ginsberg, William S. Burroughs e altri,
che conobbe tramite Edith Parker, che poi sarebbe divenuta sua
moglie.
Il termine lo scrittore lo utilizzerà per la prima volta nel
1950, nel romanzo ''La città e la metropoli'', scrivendo di Liz
Martin, che è una ''beat che se ne va in giro per la città alla
ricerca di qualche altro lavoro, di un benefattore, di 'grana' o
di un po' di 'fumo'''. E' ''una generazione di pazzi hipster
illuminati.... che si spostano ovunque in autostop, straccioni,
beati, belli di una nuova aggraziata bruttezza.... personaggi di
una spiritualità particolare'', che è poi quella profondamente
cattolica originaria di Kerouac e del suo interesse filosofico
per il buddismo, che aprirà la strada a quello per la
spiritualità orientale nel gruppo e nelle generazioni
successive, nella ricerca soprattutto di uno stile di vita
libero e alternativo.
''Sulla strada'' fu quasi subito un successo (20 copie in
edizione cartonata e mezzo milione in tascabile nei primi due
anni), anche se la critica si divise tra elogi e riserve, letto
superficialmente come l'avventura di due scriteriati che cercano
esperienze, alcol e sesso andando da una parte all'altra
dell'America, ma in realtà poi da altri affrontato con più
attenzione, come la metafora di una ricerca spirituale alla
scoperta di quel sé oscuro, inquieto e inquietante, che appunto
spinge alla fuga. Il romanzo, costruito in cinque parti e
scritto sotto forma di episodi, è ambientato alla fine degli
anni '40 e descrive le scorribande per l'America di Sal
Paradise, pseudonimo di Jack Kerouac, studente cresciuto
nell'Est che ha aspirazioni letterarie e conosce a New York Dean
Moriarty, pseudonimo di Neal Cassady, uscito da un riformatorio
e il cui stile di vita è in netto contrasto con la concezione
borghese della necessità di avere una dimora fissa, un lavoro,
responsabilità. Anche la scrittura cerca una sua cifra tentando
quella ''prosa spontanea'' come la definiva l'autore, dal
periodare libero e per associazioni e variazioni con una certa
libertà sintattica, così da ottenere una lingua fluida, veloce
che poteva ricordare le improvvisazioni jazz.
Il libro fu scritto mentre arrivava in libreria nel 1951 ''Il
giovane Holden'' di Salinger e, sebbene lo stile e la morale
siano molto diversi, la storia risente evidentemente del clima
di quegli anni, con Holden insofferente a ipocrisie e
conformismo con la sua ''infanzia schifa'' e il suo umore
rabbioso dal giorno in cui lasciò l'Istituto Pencey con una
bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi e
senza sapere dove andare a dormire.
Kerouac ha pubblicato molto, oltre trenta titoli tra romanzi,
raccolte di racconti e di poesie, saggi, partendo dal romanzo su
''La città e la metropoli'', le vicende on the road proseguite
con ''L'ultimo vagabondo americano'' e ''I vagabondi del
Dharma'' in cui è tutto il suo interesse per le filosofie
orientali, ''Satori a Parigi'', ''I sotterranei'', poetico
resoconto allucinato della vita dei beat a San Francisco,
arrivando poi, dopo la scelta di ritirarsi dalla vita pubblica e
vivere isolato, a ''Big Sur'' nel 1962, quasi resoconto di una
sconfitta, forse l'opera più intensa di Kerouac, che trova il
proprio riscatto nella letteratura, nella scrittura.
Nato nel Massachusets, figlio di un tipografo
franco-canadese, dopo l'High School frequenta la Horace Mann
Preparatory a New York nel 1939-40 entrando in contatto con
l'ambiente artistico della città, approdando poi alla Columbia
University, che lascia allo scoppio della guerra. Arruolatosi,
verrà dimesso per turbe mentali e inizierà a viaggiare e fare
mille mestieri (dal meccanico al marinaio, dal ferroviere alla
guardia forestale) oltre a iniziare a scrivere, finché, tra il
1944 e il '46, incontra le persone che cambieranno la sua vita e
con cui creerà il mito della Beat Generation. Tra l'uso di
droghe, conseguenti ricoveri in ospedale, voglia di vivere e
viaggiare sostenuta dall'arrivo del successo e del benessere
economico, scrive la maggior parte dei suoi libri, sino al
crollo psico-fisico del 1960. E' l'inizio di un declino che non
risolsero i viaggi in Europa, Italia compresa, il ritorno a New
York nel 1967 e la scrittura di quella che sarà la sua ultima
opera, ''Vanità di Duluoz'', memoria del periodo giovanile fra
Lowell e la Columbia University. Si trasferisce quindi in
Florida, morendo due anni dopo, il 21 ottobre 1969, per
emorragie conseguenti alla cirrosi epatica dovuta al continuo
abbandonarsi all'alcol.
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