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Obama-Springsteen: siamo qui per dare voce agli esclusi

Obama-Springsteen: siamo qui per dare voce agli esclusi

Intervista a Otto e mezzo in occasione dell'uscita di Renegades

ROMA, 25 ottobre 2021, 22:36

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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Non essere un outsider, ma dare voce agli esclusi, allargare la comunità e diffondere valori positivi. Questo l'aspetto più importante della "missione" portata avanti da Barack Obama e Bruce Springsteen, secondo quanto spiegato da loro stessi in un'intervista rilasciata a Otto e mezzo e ad altri giornalisti internazionali e trasmessa ieri nel corso del programma condotto da Lilli Gruber su La7, in occasione dell'uscita del libro 'Renegades: Born in the USA', nato dall'omonima serie podcast che i due hanno lanciato qualche mese fa.

"Veniamo entrambi da famiglie di operai, famiglie che non avevano mai avuto grandi aspettative - ha detto Obama -. Il mio essere outsider è più evidente, Bruce è forse meno outsider di me. Ci siamo fatti tante domande nella nostra vita: farsi tante domande, non sentirsi a proprio agio per lo status quo, questo mi definisce. Non riuscivo a stare dentro una tribù, avevo bisogno di una comunità. Ci sono tanti momenti in cui un politico cerca darsi uno status di outsider populista, a volte con un atteggiamento sincero a volte posticcio, costruito ad arte. La cosa più importante per me non è essere outsider, ma voler far partecipare più persone. Ti interessano le voci di chi escluso? Vuoi farle contare? Mi interessa più questo che l'etichetta". Un ragionamento simile a quello di Springsteen. "Non mi definivo necessariamente un outsider. Mio padre era senza lavoro, ero preoccupato. Un uomo che non aveva mai trovato una collocazione precisa, è stato straziante far parte di quella realtà, condividere il dolore di restare inascoltati., Quando ho iniziato a scrivere l'ho fatto per le voci inascoltate, la mia è la storia di un outsider che cerca di dare voce a chi non è stato mai ascoltato: ho reso quelle storie il lavoro della mia vita ed è ancora così". Obama ha parlato anche dei rischi per la democrazia in Usa. "La democrazia è un giardino che va curato e se non lo curi va in rovina. Quello che abbiamo visto il 6 gennaio con l'assalto a Capitol Hill è stato un sintomo. Una delle tendenze più importanti e inquietanti è l'erosione dei fatti come base di una storia comune. Non voglio essere troppo romantico sul passato, ma c'era tra i partiti politici una base comune, per esempio sul cambiamento climatico o sulla vaccinazione. Ora esiste una capacità di costruire ad arte i fatti e questo è il fattore più corrosivo della democrazia: parte considerevole del paese non crede neanche ai conteggi delle schede elettorali, neanche quando sono certificati dal loro partito".

"Capisco gli artisti che lasciano la politica al di fuori del loro lavoro, non penso sia necessario esser artista-attivista - ha sottolineato Springsteen -, io non mi reputo un artista- attivista, la musica rock è musica della libertà. La cosa più importante che ho fatto e cercare raccontare storie che diventassero parte di una narrativa. Le persone che vengono ai miei concerti hanno punti di vista diversi, io cerco di mostrare loro che hanno valori comuni. La speranza è che questo legame resista quando tornano alle loro vite e che agiscano come cittadini in una nazione". "Del periodo della presidenza non mi mancano i lustrini, mi manca avere una squadra di persone solidale, realmente impegnata a risolvere problemi", ha detto ancora Obama. "I momenti più felici della mia vita sono con le mie figlie. Quando sono seduto con loro e Michelle le ascolto mentre parlano e sono solari, intelligenti, acute, mi prendono in giro. Sul letto di morte non ricorderò i discorsi che ho fatto, ma l'aver tenuto le mie figlie per mano, lo starcene seduti insieme: queste sono le cose per cui dirò che è valsa la pena vivere".
   

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