ALESSANDRO HABER CON MIRKO CAPOZZOLI,
'VOLEVO ESSERE MARLON BRANDO
(MA SOPRATTUTTO GIGI BAGGINI)' (BALDINI+CASTOLDI, pp 436, EURO
19.00).
L'infanzia scanzonata a Tel Aviv, il rientro in Italia, la
scoperta di una passione smodata per la recitazione e il
desiderio di approdare a Hollywood. Alessandro Haber si
racconta, per la prima volta, in 'Volevo essere Marlon Brando',
un'autobiografia schietta, sincera e fuori dagli schemi, scritta
con il regista e montatore Mirko Capozzoli, in libreria il 30
settembre per Baldini+Castoldi.
Libero, creativo, nevrotico, appassionato, straripante, in
queste pagine Haber fa ridere e commuovere. Descrive nei
particolari e senza peli sulla lingua una carriera lunga più di
cinquant'anni, tra cinema, teatro, spettacoli e persino musica.
Racconta le partite a carte con i suoi "maledetti amici", le
avventure e le invidie, le prime a teatro, i provini andati bene
e quelli andati male, la corsa a conoscere Orson Welles,
incontrato per strada, e le partite a tennis con Nanni Moretti,
le belle donne, le occasioni perse, il sesso e i tradimenti, e
poi l'amore incondizionato per Celeste che, da sedici anni, lo
"costringe" a interpretare ogni giorno il ruolo di padre.
'"Sandrino cosa vuoi fare da grande?'
'Da grande, mamma, voglio fare l'attore.'
'Sì, vabbe', poi ti passa.'
Diciamocela tutta, non mi è mai passata".
Come sul palcoscenico in 'Volevo essere Marlon Brando' il
racconto segue un flusso a volte imprevedibile, accelerato che
ci restituisce la vitalità istintiva di Haber.
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